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Intervista – IL PAGANTE: “Fomo” è un disco maturo, ma che resta fedele al nostro spirito

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“FOMO” è il titolo del quarto lavoro in studio del progetto Il Pagante (il primo in formazione da duo).

FOMO concentra intuizioni, stili, tendenze e contaminazioni che hanno ispirato Roberta Branchini (Brancar) e Edoardo Cremona (Eddy Veerus)  in questi ultimi anni costellati di singoli iconici e notti live da tutto esaurito. Riflesso della crescita personale e artistica del duo, traccia dopo traccia l’album fotografa con lucidità e irriverente ironia le ansie sociali della generazione contemporanea, sospesa tra il desiderio di esserci sempre e comunque e la stanchezza di doverlo dimostrare.

Il fulcro è la Fear Of Missing Out: la paura sottile ma persistente di restare tagliati fuori, di non esserci nel posto giusto al momento giusto. Un’ansia trasversale che non riguarda solo la Gen Z, ma chiunque viva immerso nei ritmi dei social e della vita urbana. Il gioco della visibilità si consuma online, dove tutto – dallo stile di vita agli outfit, dai locali frequentati ai piatti fotografati – diventa materia di confronto. E dove l’immagine condivisa finisce per contare più dell’esperienza vissuta.

In questo scenario, Il Pagante torna alle origini, a quel mondo digitale da cui è nato oltre dieci anni fa, per riflettere su come sia cambiato e su quanto, oggi, sia diventato parte integrante dell’esistenza. Lo fa con uno storytelling che alterna disincanto e sarcasmo, e che ha come sfondo naturale Milano: non solo punto di partenza del progetto, ma anche metafora perfetta di una società che vive di eventi, visibilità e presenzialismo.

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Ecco il loro racconto. 

​L’INTERVISTA

Il 13 giugno esce “FOMO”, il vostro quarto album. Com’è nato questo lavoro?

Lavoriamo a “FOMO” da più di un anno e mezzo, ma alcune tracce sono nate addirittura tre anni fa. Ci siamo presi il tempo necessario per dare forma a un disco che ci rappresentasse davvero: è un progetto fresco, pieno di richiami alla dance moderna — dall’afro house alla tech house — ma anche maturo, perché siamo cresciuti. Non volevamo sembrare più giovani di quello che siamo: questo disco è il nostro presente, senza filtri.

È il primo album in duo. Com’è cambiato il Pagante oggi?

Ci sentiamo più consapevoli. Scrivere i testi oggi significa raccontare chi siamo davvero, senza maschere. Il nostro pubblico è cresciuto con noi: i ragazzi che ci ascoltavano quando erano all’università oggi lavorano, hanno cambiato stile di vita, ma non hanno perso quella voglia di divertirsi. E ci seguono ancora.

Milano è sempre stata al centro del vostro immaginario. Com’è cambiata, secondo voi?

Milano è cambiata tanto. Per scelte politiche, per la nightlife, per gli orari: oggi tutto chiude presto. Eppure resta una città piena di stimoli, soprattutto per chi arriva da fuori. È proprio questa ambiguità che genera la FOMO: la paura di perdersi qualcosa, il bisogno di esserci sempre. Noi l’abbiamo raccontata negli anni Dieci da ragazzini, oggi la guardiamo con occhi diversi.

Il brano “Milano Girls” sembra essere il manifesto di questa nuova visione…

Sì, ma in modo più leggero. È lo sguardo di un ragazzo che aspetta il tram e osserva le ragazze che escono dall’università. È un omaggio alle milanesi, tutte diverse, ma tutte affascinanti a modo loro.

“Piangere in discoteca” invece ha un tono molto diverso. Cosa racconta?

È un brano più intimo, quasi inconscio. Parla di chi fa fatica a divertirsi, di chi si sente fuori posto tra chi balla e riesce a fregarsene dei problemi. Racconta una forma di invidia ma anche di emozione verso chi, nonostante tutto, riesce ancora a ridere, a ballare. È un momento di riflessione, non di giudizio.

Avete scelto un titolo forte. Cos’è la FOMO per voi?

Non è solo la paura di perdersi un evento. È anche quella pressione costante, soprattutto per chi fa musica, di esserci sempre, di non uscire mai dal radar. “FOMO” è anche la paura di non stare al passo con i tempi. I generi cambiano, i trend pure. Noi non abbiamo mai voluto inseguirli, ma certo il rischio di sentirsi fuori c’è. È una riflessione che vale per tutti, artisti e non.

In un momento in cui i dischi sono pieni di featuring, voi ne avete quasi eliminati. Scelta precisa?

Sì. Abbiamo deciso di mettere al centro le canzoni. I featuring diventano spesso operazioni di marketing, e ci sembrava più coerente valorizzare la nostra voce, il nostro immaginario. I tre feat presenti erano già usciti come singoli, ma l’album in sé è volutamente più compatto, più nostro.

E adesso?

Adesso si parte in tour. Oltre 40 date in tutta Italia e anche all’estero. Speriamo di vedervi lì. Ma soprattutto: che nessuno si perda il disco, altrimenti… FOMO vera.

C’è una linea narrativa dietro il disco? “FOMO” ha una sua estetica precisa.

Fare un album oggi è una scelta controcorrente. Siamo nell’epoca dei singoli, però per noi l’album resta il modo migliore per chiudere un capitolo, per fotografare un periodo. “FOMO” ha una sua identità precisa, anche visiva. È maturo, ma resta fedele al nostro spirito. La parte divertente del Pagante c’è sempre.

Avete mai pensato a Sanremo?

Sì, ci abbiamo provato due volte. Una due anni fa con Myss Keta, ma l’abbiamo scoperto solo guardando il telegiornale che non eravamo stati presi. Ci sono rimasta male… Eddie meno, per lui non è mai stata una priorità. Per me invece sì, sarebbe un bel traguardo per un progetto che va avanti da 15 anni. E se ci torniamo, vorrei salire con un pezzo nostro al 100%, non costruito ad hoc. Solo così avrebbe senso.

ASCOLTA IL DISCO 

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