JESTO
il mio svegliati Italia

JESTO <BR> il mio svegliati Italia

“Buongiorno Italia” è un concept album che vuole raccontare con ironia il nostro Paese e far riflettere l’ascoltatore sulle contraddizioni e abitudini che volenti o nolenti abbiamo ormai consolidato.

In questo disco Jesto affronta per laprima volta tematiche sociali: disoccupazione, jobs act, programmazione televisiva, crisi economica,… Fonde leinfluenze derivate dall’hip hop e dalla black music con chitarre portanti, dando vita a un nuovo genere, “la suarivoluzione”, che coniuga la tradizione della musica degli anni ’70 con quella attuale, un sound che non si limita aimitare le tendenze d’Oltreoceano. Un album dedicao al padre Stefano Rosso, da cui parte per musicalità e rimandi acustici.

Come nasce un concept album?

Mi rendo conto che scegliere di pubblicare un concept album è controcorrente. Siamo circondati da dischi che contengono una serie di singoli da lanciare sul mercato senza una vera e propria consecutio. Il concept è una situazione più del passato, dei grandi cantautori. Questo disco per me è stata un’esigenza a cui si è aggiunto il viaggio. Faccio entrare l’ascoltatore in quella fotografia grottesca dell’Italia che viene rappresentata . Il disco gira intorno a Sveglia, a quanto ci sia la necessità di svegliarci.

E’ un album che hai dedicato a tuo padre Stefano Rosso. Come sei riuscito a integrare due generazioni musicali così differenti in un unico suono?

Erano anni che sentivo addosso l’idea del confronto tra l’eredità di mio padre, la tradizione anni settanta con quello che è il mio genere di riferimento. Il disco esce ora ma è stato gestato per un lungo periodo. Sentivo l’esigenza di evolvere la tradizione. Il problema è stato la scrittura. Io devo scrivere in modo visceralmente spontaneo altrimenti non riesco. Fondamentalmente è un disco che è nato da solo. Praticamente la parte dormiente di mio padre, me lo ha fatto creare. Da agosto a settembre ho prodotto interamente l’album, sembrava avesse una vita propria. Mi sono e mi sento come se fossi il mezzo e lo strumento di ciò che mio padre aveva ancora da dire a questo mondo. C’è una commistione tra due generazioni oltre che tra due generi musicali. Non è un disco anni settanta, non è un disco di trap, è una terza entità. Ho mescolato la mia knowledge. E’ un’opera.

Talvolta mi sembra che i luoghi comuni italiani siano un po’ nel nostro DNA sociale e culturale, tu li hai messi in luce. Come sei riuscito a non demonizzarli?

Li tratto ironicamente. Intanto è un album molto teatrale che è anche un fattore anonimo per un rapper il concedere spazio ad altre voci. I luoghi comuni servono a giocare, è come se facessi parlare una coscienza comune. Ad esempio in Buongiorno Italia parlo di quanto non abbiamo manco un euro in tasca però ci mettiamo in fila per il nuovo iPhone. In primis mi rivolgo a me stesso per poi permettermi di farlo con il resto. Mi sono anche sentito un perno attraverso cui descrivere l’Italia oggi. Facendo questo disco ho ri-ascoltato molto la proposta musicale italiana degli anni settanta e ho notato che purtroppo siamo sempre gli stessi. Cambiano i mezzi ma la natura è la stessa. Ritrovo anche oggi i luoghi comuni che cantava mio padre, ad esempio l’esser lobotomizzati dalla TV

Cosa significa essere Italiano oggi?

Non lo so. Sinceramente non lo so. Mi spiace che l’Italia in passato aveva sempre sfornato grandi talenti. Ultimamente c’è un appiattimento culturale e artistico imbarazzante. Siamo stati rincoglioniti da veline, cucina e starlet. Trovo una certa analogia con l’ultimo film di Sorrentino, ci hanno svuotato dalle nostre prerogative.

Come consideri la Trap?

La vedo bene per quanto possa sembrare assurdo dal tipo di disco pubblicato. Ascolto questo genere in primis dalla proposta americana. La trap è faticosa da esser digerita, ma è più un fattore generazionale. Andrebbe vista non solo come puro entertainment. Se fossimo onesti ci accorgeremmo che la società intera è sempre andata alla ricerca dello status. I rapper di oggi, sono l’effetto a questo. C’è anche da fare una distinzione da trapper e trapper sicuramente, ma di base prima di criticare bisognerebbe approfondire l’argomento.

Qual è il più grande omaggio a tuo padre nel disco?

Tutte le chitarre dell’album sono state suonate da un ex allievo di mio padre. E’ come se fosse un karma artistico che ritorna. La chitarra ha quel suono, quel mood anni settanta. La chitarra è l’elemento predominante del disco che è anomalo per un rapper. E’ come se lo avessi scritto a quattro mani con mio padre. Tutto il disco è un omaggio a lui.

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