La ribellione è una stagione che passa, ma per Dominic Harrison, ovvero Yungblud, il malessere generazionale è diventato mestiere.
“Idols”, quarto atto di un’identità in eterno conflitto, si presenta come il lavoro più lucido e articolato del musicista britannico.
Fin dal debutto con “21st Century Liability”, in calzini rosa e pugni alzati, il suo nome è stato sulla bocca di tutti — incastrato in quel bipolarismo estetico che da sempre lo accompagna: da un lato l’energia glam del ragazzaccio post-millennial, dall’altro la confessione vulnerabile e intermittente di un artista in cerca di redenzione sonora.
Yungblud è tutto incentrato sulla reinvenzione, il rinnovamento, il miglioramento. Un segno evidente di questo in “Idols” è la scelta, in alcuni brani, di concentrarsi più sul ritmo che sulla turbolenza.
La produzione è levigata, con punte di ambizione che flirtano tanto col Britpop quanto con un certo alternative da playlist, eppure la tensione non esplode mai davvero.
Hello Heaven Hello apre con uno slancio quasi prog, ma si smarrisce nel compiacimento di se stesso. Meglio Lovesick Lullaby — rumoroso e caotico — che unisce chitarre distorte e malinconia pop-punk, in un brano dove Harrison sembra credere davvero in ciò che canta.
Yungblud scende nei suoi sentimenti in Zombie e trasmette l’esaurimento emotivo che deriva dall’aggrapparsi alla propria identità in un mondo che sembra disconnesso.
Il testo spalanca le porte a una conversazione sincera sul tumulto interiore. Il cantante invita gli ascoltatori a confrontarsi con i propri sentimenti e le proprie insicurezze:
“Se dovessi parlare delle parole / Farebbero male, farebbero male / Quindi se chiedessi del dolore / Mentirei, mentirei.”
I momenti più riusciti sono quelli in cui abbandona l’urlo per lasciar parlare la struttura: Change e Ghosts mostrano una scrittura finalmente attenta al ritmo, al silenzio, alla melodia come scelta politica. Ma ogni conquista è parziale: troppo spesso si torna al registro teatrale e sopra le righe, come se non si potesse più dire nulla senza metterlo in scena.
In Idols convivono maturazione e manierismo. È un disco che prova a dire molto — e a tratti ci riesce — ma non riesce mai a uscire davvero dal proprio personaggio. Yungblud resta fedele al suo pubblico, e questo è un merito. Ma rischia di essere fedele anche alle proprie formule.
“Idols” è il disco che Yungblud aveva bisogno di fare.
DA ASCOLTARE SUBITO
Zombie, Ghosts, War
DA SKIPPARE SUBITO
Un giro sulla giostra di Yungblud non fa male!
SCORE: 7,00
TRACKLIST
DISCOGRAFIA
2018 – 21st Century Liabilit
2020 – Weird!
2022 – Yungblud
2025 – Idols
VIDEO
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