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Recensione: PULP – “More”

More-Pulp-album-2025

Ventiquattro anni non sono solo una pausa: sono un salto temporale, un capovolgimento dell’orizzonte emotivo e culturale. Una infinità per la musica. 

“More”, il ritorno discografico dei Pulp, appunto dopo ventiquattro anni non ha l’urgenza della nostalgia né la fretta della celebrazione. È piuttosto un gesto meditato, quasi pudico, in equilibrio tra malinconia e maturità, tra l’eleganza degli archi e il cinismo che ha sempre attraversato la penna di Jarvis Cocker.

La differenza fra tornare sul palco e incidere un nuovo album è abissale: da un lato l’eco dei classici, dall’altro il rischio di profanare la memoria e sputtanare un catalogo dignitoso.

I Pulp scelgono la strada più impervia — quella dell’onestà.

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Questo è il meglio che possiamo fare”, ha dichiarato Cocker

e l’album sembra prenderlo alla lettera: More è un disco che non rincorre il tempo perduto ma lo assume come materia narrativa. 

Al centro di tutto c’è la mortalità: non solo come tema lirico, ma come chiave di lettura esistenziale. I riferimenti cosmici disseminati nei testi non servono a evocare grandezze, ma a ricordare la minuscola statura dell’umano. In Grown Ups, groove pulsante e rassegnazione convivono in versi che suonano come confessioni a mezza voce (“Ma cosa succede se ti viene il mal di viaggio / Prima ancora di aver lasciato la stazione”).
In Background Noise, l’amore si osserva mentre invecchia, scivolando via senza un’ultima parola — quasi un autoritratto del Jarvis più fragile, quello che non ha più nulla da dimostrare.

Il fantasma di Steve Mackey, bassista della band morto nel 2023, aleggia sul disco, dedicato alla sua memoria. Eppure non c’è compianto: “More” preferisce la luce obliqua del ricordo alla retorica del tributo.

E anche la sensualità tipica dei Pulp è ancora lì, declinata con ironia e un tocco decadente: Slow Jam e Tina intrecciano immaginazione erotica e immagini da charity shop, con quel gusto da realismo squallido che solo Cocker sa rendere poetico

(“Dai, facciamo un trio, tesoro / Tu, io e la mia immaginazione”; “Scopando in un negozio di beneficenza sopra sacchi neri pieni di donazioni / L’odore di biscotti digestivi nell’aria”).

Eppure “More” non è solo un esercizio di stile. In Farmer’s Market e in Got To Have Love, riaffiora un romanticismo sbilenco, lontano da ogni posa. È lì che il cuore dei Pulp batte ancora forte, tra giochi linguistici e una dolcezza disarmata, che non chiede permesso ma si fa strada sotto pelle.

A chi non sono mai piaciuti i Pulp continueranno a non piacere, ma sarebbe miope leggere questo album solo con gli occhi del passato: “More” è un’opera commuovente ma pienamente consapevole, che si allontana dalla nostalgia per abbracciare la trasformazione.

Non è un testamento, né un epilogo ne tanto meno un tramonto come è intitolata l’ultima traccia del disco. È la voce di chi ha imparato a convivere con le proprie ombre senza perderne il ritmo. E se davvero questo è il meglio che i Pulp possono fare, è già moltissimo.

DA ASCOLTARE SUBITO

Tina – Slow Jam – Got To Have Love

DA SKIPPARE SUBITO

E’ talmente romantico, intenso, passionale e Pulp che non si può saltare nulla! 

SCORE: 8,00

Spike Island – Voto 7,00
Tina – Voto 8,00 
Grown Ups – Voto 7,50
Slow Jam – Voto 8,00 
Farmers Market – Voto 8,00 
My Sex – Voto 8,00 
Got To Have Love – Voto 8,00 
Background Noise – Voto 7,50
Partial Eclipse – Voto 8,00 
The Hymn of the North – Voto 8,00 
A Sunset Voto 7,50

I VOTO DEGLI ALTRI 

Clash Music – Voto 9.00
Uncut – Voto 9,00
Nme – Voto 8,00
The Indipendent – Voto 8,00
The Guardian – Voto 8,oo
Mojo – Voto 8,00

TRACKLIST

DISCOGRAFIA 

1983 – It
1987 – Freaks
1992 – Separations
1994 – His ‘n’ Hers
1995 – Different Class
1998 – This Is Hardcore
2001 – We Love Life
2025 – More

VIDEO 

WEB & SOCIAL 

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