CARMEN CONSOLI: “Volevo fare la rockstar” per sognare ci vuole cuore! Traccia per traccia

CARMEN CONSOLI: “Volevo fare la rockstar” per sognare ci vuole cuore! Traccia per traccia

“Volevo fare la rockstar” è il nuovo disco di Carmen Consoli (in uscita il 24 settembre). Il nuovo album, il nono della sua discografia, presentato alla stampa, è un progetto intenso, che ruota intorno al concetto del cuore e del sogno.

Un grande sogno da custodire e coltivare, un sogno da ricercare e ascoltare è ciò che ci rende più umani e più felici, ciò che ci caratterizza e identifica.
Perché il sogno può essere un piccolo seme che germoglia diventando desiderio e il desiderio spinge a cercare le risorse e l’energia per poterlo trasformare in progetto e per mettere in piedi le azioni necessarie a realizzarlo.

CARMEN RACCONTA IL DISCO 

IL SOGNO

Quando avevo sei o sette anni mio padre mi ha regalato una cassetta di Elvis Presley che ascoltavo all’infinito sul mio mangianastri.
Da li parte il mio sogno di fare la rockstar. Per me essere una rockstar era: stare sul palco, avere una chitarra elettrica, un microfono, delle luci colorate e avere una gomma da masticare rosa per fare delle bolle enormi. Questa era la mia idea di rockstar.
Da piccola avevo costruito questo mio sogno. 

Questo sogno era molto incentivato dai miei genitori. Mi padre mi diceva sempre “pensa alla musica”. Mio padre poi mi ha regalato una chitarra vera e mi ha insegnato i primi accordi. Io da piccola sognavo sempre. Chiudevo gli occhi e sognavo di cantare di scrivere la musica, di stare sul palco. 

Io ho avuto la fortuna di avere una famiglia di sognatori! 
Io sono antica, una ragazzi di altri tempi. Il sogno deve essere un progetto, un qualcosa che nasce dal cuore. 
Per sognare ci vuole cuore. C’è una bussola importate nel nostro corpo e questo è il cuore. 
Sognare è una cosa tangibile e, come diceva Shakespeare, noi siamo fatti di sogni!

ANIME IN CARRIERA 

Le anime in carriera. Noi siamo anime in carriera. Io devo essere prestatante. Io non ho tempo di sognare perché devo raggiungere sempre qualcosa. La società si aspetta sempre di più , bisogna essere super produttivi fino a mettere da parte i propri desideri profondi, i sogni.
Forse ci manca qualcosa. Noi siamo uomini che non siamo sempre aggiornati e riprogrammati. Io non credo che il progresso tecnologico corrisponda con il progresso umano. Io propongo di fermarci un attimo e investire sulla felicità e sul profitto. 
E’ in atto un terribile disboscamento dell’anima. 

LA COMPOSIZIONE

Nella composizione di questo album mi sono sentita libera come quando ha scritto il suo primissimo Due parole (1996): come allora, ho trascorso del tempo in studio con Roccaforte, colui che ha sognato con me da quando avevo quattordici anni  (che ha prodotto il disco insieme a lei e a Toni Carbone) giocando sui suoi appunti musicali e su questi hanno suonato e improvvisato insieme a me sinché i pezzi non hanno raggiunto una forma che ci soddisfacesse per registrare infine quelle versioni. 

LE TEMATICHE 

Il sogno è il tema principale di “Volevo fare la rockstar” e intorno a questo si sviluppano immagini e piani temporali: ricorrono sogni, ma anche ricordi e desideri.
Nel passato ritroviamo la nostra identità, chi siamo e cosa vogliamo diventare (“dovrai decidere la sorte di questo ricordo” canta Carmen in L’aquilone); nel nostro presente cerchiamo “l’impegno e la coerenza” (Armonie numeriche) per riuscire a realizzare quei progetti, mentre la visione del futuro muove le azioni e i cuori (Imparare dagli alberi a camminare nasce dalla sensazione che “qualcosa di molto speciale/sta per succedere”).

Volevo fare la rockstar è un album ricco di immagini fiabesche ed oniriche: “il chiarore della luna e delle favole” ne Le cose di sempre; “Venere al tramonto culla un piccolo mistero interplanetario” in Sta succedendo, il coraggio di “affrontare l’uomo nero” nella title-track.

Questo immaginario – insieme al continuo alternarsi di passato presente e futuro, di sogno impegno e progetto – è un invito a “respirare col cuore”, a “riaccendere i sogni e i lumi della ragione” (Una domenica al mare), a trovare la parte più autentica di sé, oltre le convenzioni e le aspettative sociali, dando voce a “Quei desideri che da qualche parte ancora aspettano” (L’aquilone).

I sogni ci inducono a guardare le cose da un punto di vista diverso e più ampio: un esercizio che può risultare rischioso ma che talvolta è indispensabile (“sporgersi è un dovere a volte necessario” canta in Sta succedendo).

Altro tema che ricorre nel disco è il timore – espresso spesso con ironia – che si possano riaffermare la logica della sopraffazione, il sovranismo, il negazionismo, con conseguente corollario linguistico di luoghi comuni e frasi fatte. È il caso dello scalcinato Mago magone, un seduttore che “offre rimedi a pene d’amore, mali impietosi, miseria, timore” o degli “Illustri shamani” che affermano che “La terra è in gran forma” e “l’effetto serra è una superstizione da scienziati” in Qualcosa di me che non ti aspetti. È L’uomo nero che proclama borioso: “sono il vostro condottiero/grazie al cielo un uomo vero”; ma è anche l’assenza di empatia nei confronti di “inestimabili esistenze disperse in mare” in “questa giungla inospitale in cui a dettare legge è il predatore, il mito della clava e del terrore” descritta con pudore ne Le cose di sempre.

A ben guardare, una risposta a questi timori la possiamo trovare nella Natura che ci mostra come “ricominciare, imparare dagli alberi a camminare senza calpestare”. Anche i tempi di questo mondo onirico e del desiderio che si fa progetto sono scanditi dalla Natura. Sono quelli di un’ “estate arrivata in fretta” o di “un’alba nuova da guardare” in Una domenica al mare. Sono il “tempo di ciliegie” e l’autunno quando “un mare in tempesta infuriava sugli scogli” in Armonie numeriche.

Da un punto di vista musicale, la scrittura di Volevo fare la rockstar è particolarmente varia, ricca di spunti e suggestioni diverse. Le armonie sono complesse e raffinate, sino a diventare quasi melodie esse stesse; così pure le chitarre elettriche di Massimo Roccaforte – che hanno comunque un suono molto clean al limite della saturazione valvolare, com’è il caso della sua Rickenbacker 12 corde, che suggerisce atmosfere anni Sessanta (Carmen, invece, suona esclusivamente chitarre acustiche). Sono comunque tantissimi gli echi di generi e ambientazioni musicali d’ogni tempo e ogni dove: i riff di basso in stile Motown di Sta succedendo, l’ironia di un andamento un po’ Surf in Mago magone, il Bolero anni Trenta e le orchestre anni Cinquanta ricche di legni e strumentini in Le cose di sempre e i suoni caraibici e il mood da folk singer americana in Armonie numeriche.

Il linguaggio musicale è una delle voci che concorrono a raccontare il lavoro di Volevo fare la rockstar, è un’altra chiave di lettura dei testi, uno sguardo rivolto altrove, che illumina altri mondi possibili.

TRACCIA PER TRACCIA 

1.    Sta Succedendo

Scritta a quattro mani con Massimo Roccaforte, la composizione di questa musica così solare ha preceduto la scrittura del testo, guidandone il contenuto. È una canzone sull’Amore che bussa alla porta (“Sta succedendo / Sì sta succedendo”) con le sue trepidazioni e i passi falsi (“Un’imprudente parola di troppo”), su un sentimento così forte da mettere tutto a soqquadro e che come “un uragano ci fa perdere il controllo”. Ma non si può sempre sfuggire a questa vertigine perchè “Sporgersi è un dovere a volte necessario” se vogliamo provare a superare i nostri stessi limiti.

2. L’aquilone 

È dedicata a un ragazzo che sapeva sognare (“dicevi che tutto è possibile / che nell’infinito prima o poi due rette si incontrano”) ma che ha messo da parte quei sogni ingannando il tempo “un traguardo dopo l’altro/come anime in carriera senza alcun rimpianto”. Ora però quei ricordi bussano alla porta e chiedono conto e occorre “riprendere il filo di un vecchio discorso / raccoglierlo poi dipanarlo…un intralcio dopo l’altro”.

È solo nella parte finale della canzone che entra l’orchestra: gli archi rappresentano l’emozione che arriva nel tempo, che ha bisogno di tempo per essere elaborata, occorre attendere che cresca.

3. Una domenica al mare

È un invito ad ascoltare il proprio cuore (“Se solo ci fermassimo a respirare col cuore”), a non lasciare indietro i propri desideri; così anche il sogno più grande si può avverare (“dimmi che non sogno e son desta / è la mano di mio figlio che mi afferra”). Anche quando viviamo momenti bui “La vita è un giorno da ricordare / un anno in più nel bene e nel male”, è “una domenica al mare / un’alba nuova da respirare”.

4. Mago magone 

Qui le carte dei tarocchi (il mago, gli amanti, il carro, la giustizia, la fortuna, il diavolo, le stelle, la luna) sono una metafora di certi manager e politici che promettono facili prodigi, sanno far leva sulle debolezze d’ognuno (“a premere tasti dolenti è un campione…sforna un copione per ogni occasione”). Sono annunciati da imbonitori circensi, come si ascolta nella coda della canzone. Questo Mago magone è un deejay scalcinato: alza la musica e tra “rhum e salsa il mago si lancia”, poi però esagera, “si incarta / inciampa e chiama tutti giù per terra” e finiscono al tappeto danza e magia (“Abracadabra è finita la danza”).

L’ambientazione musicale surf accentua la chiave ironica del pezzo.

5. Le cose di sempre 

Una lettera per il figlio Carlo: spetta a Carmen indicargli il valore delle cose, il rispetto dovuto all’altro e alla natura (“insegnarti a rispettare le idee, le debolezze altrui, le piante e le zanzare”), ma come fare “in questa enorme confusione in cui l’evidenza è un’opinione”? Come fare se “proprio io (che) non mi sono mai saputa orientare”? Una risposta può essere trovata nelle piccole cose, nella natura (“il chiarore della luna e delle favole / si poserà con grazia sulle cose di sempre”), sono Le cose di sempre che abbiamo davanti agli occhi senza riuscire più a vederle. Per questa ragione il brano rimanda ad ambientazioni sonore d’altri tempi, con le tensioni armoniche (le minori seste) tipiche della musica anni Cinquanta e il sapore retrò del bolero. 

6. Qualcosa di me che non ti aspetti

Cosa possiamo fare se un incidente diplomatico (l’uccisione del generale iracheno Soleimani da parte di missili americani) ci porta sulla soglia di una nuova guerra (“nei cieli assolati sfrecciano i caccia americani / sbrighiamoci allora prima che sia domani”)? Se i bambini in Africa non riceveranno regali per Natale (“Malaika quest’anno Babbo Natale non porterà dolciumi o regali”) o se “illustri shamani” dicono che “l’effetto serra è una superstizione da scienziati”? Potremmo ricominciare da noi stessi e da rapporti più empatici con gli altri (“Se vuoi possiamo riprovare a presentarci …provare a riascoltarci”). Da un punto di vista musicale, Qualcosa di me che non ti aspetti è una canzone molto solare, con una grande apertura solare nei ritornelli; perché c’è sempre una soluzione, un’altra possibilità.

7. Armonie numeriche

Una canzone dedicata al padre, scritta dopo un sogno (“sei venuto a salutarmi”): un papà col “sorriso di sempre”, che torna a raccomandarle “impegno e coerenza” senza i quali il talento non è che una semplice “bella promessa”; il ricordo degli ultimi giorni insieme, quando “ridevo per non piangere”. I sogni sono come la matematica, se interpretati ci mostrano altri mondi (o sistemi) possibili, come quelli in cui incontrare i nostri cari (“Se i sogni e le armonie numeriche / ci parlano di un mondo possibile”).

Anche la coda musicale in stile prog con una melodia molto mediterranea è un omaggio al gusto musicale di papà Peppe.

8. Imparare dagli alberi a camminare

Apre la canzone il segnale Wow!, un segnale radio perfettamente codificato rilevato dagli astronomi negli anni Settanta; la sua provenienza esterna al sistema solare, in direzione della costellazione del sagittario (“il mite centauro stellare”) alimentò paure e fantasie sulla vita extra terrestre. Nella canzone quelle paure si incrociano con i sogni e gli incubi di un bimbo che dorme.

Scritta durante il lockdown, quando tutta la natura sembrava riaffermare la propria forza, Imparare dagli alberi a camminare è una canzone sul sentimento della paura più che sulla paura stessa, per andare oltre il quale bisognerebbe, appunto, “ricominciare, imparare dagli alberi a camminare”.

9. L’uomo nero

Un pezzo sul sovranismo che si riaffaccia in molti angoli dell’Occidente; una canzone sarcastica e ironica anche musicalmente, con Carmen che canta sguaiata: “Oh mein Führer è il momento / di tornare dall’inferno / nessun libero dissenso…/ sono il vostro condottiero/grazie al cielo un uomo vero”. Il testo ricalca con precisione la retorica fascista.

10. Volevo fare la rockstar

È il racconto dell’infanzia di Carmen, tra sogni e ricordi: gli anni scolastici, la noia uggiosa tra i banchi (“Le suore sempre accigliate”, “l’ultima ora sembrava un treno Catania – Trieste”), le dolci routine familiari (“all’uscita trovavo mio padre”, “le domeniche in campagna a raccogliere olive”) mentre cresceva in lei la voglia di “fare la rockstar”, “andare in America / e fare bolle enormi con le gomme alla fragola”, “e il tavolo della cucina era un palco perfetto”. Nel frattempo la mafia mieteva morti ammazzati tra le strade di Catania, un violento terremoto scuoteva l’Irpinia, l’Italia vinceva i mondiali.

Il fade out finale è una citazione di Helter Skelter, quando Ringo Starr, esausto delle tante reprise, strilla: “I’ve got blisters on my fingers!”.

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