Recensione: ERMAL META – “Tribù Urbana”

Recensione: ERMAL META – “Tribù Urbana”

Tribù Urbana è la visione della musica di Ermal Meta con sonorità aperte e un upgrade della tavolozza musicale sino ad ora mostrata dal cantautore.

Per molti versi criticare un album è molto facile. Chi scrive solitamente rischia molto poco, approfittando del potere di “influenzare” chi leggerà cosa viene scritto su questo o quell’album . Solitamente si prospera grazie a recensioni negative, che sono divertenti da scrivere e da leggere. Ci sono, però, occasioni in cui chi scrive rischia davvero. Proteggere il nuovo, ad esempio.

Il mondo è spesso scettico nel difendere un talento o un nuovo lavoro discogafico. Mi sono imbattuta in qualcosa di nuovo, non in termini dell’artista/autore in sé, ma in termini della visione musicale che propone. Che Ermal Meta fosse un cantautore imprevedibile e pronto a mettersi in discussione è ormai un dato di fatto. Basti pensare al lancio del singolo apripista No Satisfaction, nessuno (io per prima) si sarebbe aspettato un mood musicale così da lui, eppure. Sebbene sarebbe riduttivo inchiodare Ermal Meta come cantautore delle vite degli altri, dei grandi temi sociali, capace di fare riflettere e porre attenzione su tematiche scomode.

Ermal canta e scrive la vita, analizzandone le storture di questa realtà, mettendosi in primo piano come co-protagonista e non semplice telespettatore, perché di suoi sentimenti in ballo in Tribù Urbana ce ne sono, forse anche scavando un po’ più a fondo. Risulta quindi difficile dare un parere su qualcosa di così intimo per l’animo umano, perché è forse l’unica cosa che nessuno di noi può permettersi di fare: giudicare un’emozione. E di emozioni in ballo in Tribù Urbana ce ne sono parecchie.  C’è la malinconia di Un milione di cose da dirti e tutta l’intimità emozionale di Non bastano le mani.

La consapevolezza che siamo tutti lo stesso cielo (Il Destino Universale) con le storie di Yusuf che ha 15 anni e non vuole scappare, di Marco che ha 20 anni e lo vedi sparire in mezzo a questa grande folla, di Tommaso che ha 40 anni e tre bocche da sfamare ma si affoga nei bicchieri, ed anche Ermal che ha 13 anni e non vuole morire . C’è l’amore puro nella sua forma di Nina e Sara che ancora oggi farebbe scalpore in questa mentalità retrograda italiana. C’è la capacità di dare voce a Gli Invisibili senza distanziarli per forza dalla realtà. Perché invisibili siamo stati un po’ tutti guardandoci allo specchio e non riconoscendo quell’immagine appannata che scorgevamo di fronte. L’impianto sonoro del disco è stravolgente.

Le estetiche anni ottanta di Uno, la cassa aperta che sembra talvolta essere in primo piano. Ci sono gli echi elettronici che si confrontano con strumenti musicali. C’è la voglia di fare musica dal vivo e questo disco ne è un esempio lampante. Affermare che sia il disco che l’artista in questione abbia messo in crisi le mie convinzioni sul modo di leggere la musica è forse riduttivo: ha scosso le fondamenta rendendomi partecipe, mio malgrado, di quell’emotività e riaprendo qualche cassetto che avevo lasciato chiuso con monito di non aprire.

Tribù Urbana riparte dalle fondamenta e mi ha ricordato perché, ancora oggi, dopo tanti anni, sento ancora quel coinvolgimento e compartecipazione nell’ascoltare un disco che parla apertamente.

SCORE: 9,00

TRE BRANI DA ASCOLTARE SUBITO:

Non bastano le mani – Il destino universale – Gli invisibili

TRACKLIST:

DISCOGRAFIA:
2016 – Umano
2017 – Vietato Morire
2018 – Non abbiamo armi
2019 – Non abbiamo armi. Il concerto.
2021 – Tribù urbana

VIDEO:

WEB & SOCIAL:

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