Intervista – LA CRUS la reunion che tutti ci aspettavamo

Intervista – LA CRUS la reunion che tutti ci aspettavamo

Capita ormai spesso che escono notizie di reunion di gruppi e band. Ripensamenti, superamento di incomprensioni, la maturità e qualche volta anche vere e proprie operazioni di marketing.

Quando mi è arrivata la notizia della riunione dei La Crus mi sono illuminato. Era una di quelle che aspettavo di più.

Con loro ero rimasto al Teatro Arcimboldi di Milano il 4 dicembre 2008, uno dei concerti più emozionanti e sentiti a cui ho partecipato.
Poi l’apparizione a Sanremo di Gio e Cesare nel 2011 con “Io Confesso” e poi le loro strade che si dividono definitivamente.

Giovanardi con la sua carriera solista e Malfatti con i vari progetti paralleli.
Ora, dopo più di un decennio, ecco chiudersi il cerchio e uscire di nuovo “Io Confesso”, ma in una nuova versione con il featuring di Carmen Consoli.

Gio e Cesare insieme al fido Alessandro Cremonesi, eccoli di nuovo in formato band e pronti per continuare a scrivere nuove pagine della fantastica storia di uno dei gruppi più sperimentali e innovativi della musica italiana di fine anni novanta e duemila.

Per capire meglio i confini e i contorni di questa nuova ripartenza, ho fatto una lunga chiacchierata telefonica con Mauro Ermanno Giovanardi, che mi ha raccontato cosa ci dobbiamo aspettare da questa ricongiunzione di spiriti, passione, sensibilità artistica e naturalmente musica.

Ho preso il covid. Ho un mal di gola allucinante. Sono un po’ preoccupato!  
Devo iniziare a fare le prove perché il prossimo 25 novembre parteciperemo al Festival Il Rumore Del Lutto a Reggio Emilia.
È una serata condivisa con Paolo Benvegnù. Faremo un concerto di un’oretta dove suoneremo i nostri pezzi storici e almeno tre canzoni inedite.
Sarà come una nostra data zero, una occasione per provare la nuova band e per toglierci un po’ la ruggine da dosso. 

Parlando di concerti mi ricordo il vostro ultimo, il 4 dicembre 2008 al teatro Arcimboldi di Milano. Una serata speciale! 

Anche io ho un bellissimo ricordo di quella sera. Ho ancora impresso quando Nada ha cantato “Il Vino” che è stata l’ultima canzone del nostro ultimo concerto. C’era tutto il pubblico che cantava con noi e lei nell’orecchio mi ha sussurrato che avevo fatto un regalo bellissimo a Piero (Piero Ciampi è l’autore del pezzo) che nella sua vita non ha mai avuto 3000 persone che cantavano le sue canzoni. Un’emozione magica, da brividi.

Pensa di quel concerto abbiamo anche la registrazione pronta, sia audio sia video. Potremmo fare uscire un disco già domani! 

Scorrendo nel tempo andiamo ai vostri esordi del 1995. Quasi trent’anni di musica. Cosa è cambiato nella musica da quegli anni? 

Le principali differenze tra il 1995 e oggi sono fondamentalmente due.

La prima è il modo in cui la nostra generazione faceva musica. La facevamo per affermare di essere in qualche modo diversi e unici.
Era come mettersi una divisa. Quella stagione musicale è stata veramente pazzesca, perché certe rivoluzioni possono riuscire solo se ci sono delle congiunzioni astrali favorevoli.

In quel periodo, la fine degli anni novanta, c’era un fermento di band e artisti che arrivavano dalle cantine, suonando e imitando i gruppi inglesi e americani. In quegli anni abbiamo preso consapevolezza di quanto fosse importante tornare a cantare in italiano.

Le major del disco hanno capito che questo sottobosco poteva essere interessante e il pubblico ci ha subito seguito. Noi ci siamo ispirati alla scena di Bristol, ma cantando in italiano. Non credo che nessuno di noi abbia iniziato a fare musica pensando solo ai soldi.
Dovevamo fare questo perché era necessario.

La seconda grande differenza è internet. Internet è stata uno spartiacque. Bisogna distinguere il modo di fare musica prima e dopo la nascita di internet.
È cambiato il modo di fruirla, di pensarla, di concepirla e realizzarla.

Può esistere un parallelismo tra il cantare in italiano di quei tempi e quello di oggi? 

Io credo che i nuovi cantautori siano i rapper. Ci sono tanti artisti fortissimi che scrivono dei testi molto interessanti.
La cosa però che più mi fa tristezza è il bisogno di fare l’acchiappa like a tutti i costi, soprattutto tra i ragazzini, i trapper.
Sembra che tanti ragazzini facciano musica solo per la grana, per la visibilità e per diventare un personaggio pubblico. 

Come è nato il nuovo disco?

Non è nato in maniera molto diversa dagli altri. In passato ci siamo incontrati un paio di volte, ma non era il momento giusto.
Poi abbiamo approfittato del lockdown per lavorare su delle idee e abbiamo messo tutto in una cartella di Google Drive condivisa.
Dentro ci abbiamo messo suggestioni, abbozzi, testi, musiche, canzoni e melodie: se poi venisse fuori qualcosa di buono, bene; se no, non ne valeva la pena per nessuno.

Quando abbiamo iniziato a guardare il materiale nella cartella, ci siamo accorti che c’erano delle cose interessanti e ci abbiamo lavorato.
All’ultimo chilometro di questo percorso, però, ci siamo ritrovati, come al solito, io e Cesare, che non eravamo d’accordo su alcune cose.
Ci eravamo arenati di nuovo.
Cesare è quello più punk del gruppo, io sono quello più pignolo e perfezionista.
Il problema era come chiudere il disco. Non eravamo d’accordo!
Abbiamo dovuto allora imporci delle regole e prendere un produttore esterno, Matteo Cantaluppi, che facesse da mediatore tra noi due.
Con lui è stato tutto più facile e alla fine è riuscito in questo lavoro.

Il risultato è un disco dei La Crus che suona attuale. Io sento che in questo disco c’è tanto dei La Crus, ma con uno sguardo più contemporaneo.

Sotto il profilo delle liriche invece? 

Non è per niente nostalgico e retorico. Non ci sono canzoni d’amore ma affrontiamo la tematica del tempo che passa. 

Secondo me è uno dei dischi più belli dei La Crus.

Ultima volta che eravate insieme è stato a Sanremo. Ci avete fatto un pensiero? 

Tutti ci fanno un pensiero su Sanremo. È l’unico spettacolo rimasto per avere un po’ di esposizione. 
Penso che la Warner, la nostra casa discografica, abbia fatto sentire qualche brano ad Amadeus. 
Non ci voglio pensare e non ci voglio credere, ma mai dire mai! 

Quando uscirà il disco? 

Adesso uscirà un altro brano con un pezzo storico dei La Crus, poi qualche altro brano con ospiti e, a febbraio o marzo uscirà il disco vero e proprio. 

Seguirà poi un tour? 

Assolutamente sì. Credo che attorno a metà marzo partiremo a fare concerti e poi spero un bel tour quest’estate. 

IL VIDEO 

WEB & SOCIAL 

https://www.instagram.com/lacrus_official/

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