Intervista: ENRICO NIGIOTTI con Nigio mi sono sentito libero di esprimermi

Intervista: ENRICO NIGIOTTI con Nigio mi sono sentito libero di esprimermi

NIGIO è uscito il 14 febbraio. Sembra trascorso tempo immemore, eppure Enrico ci porta con i piedi ancorati ai giorni nostri, con un album da ascoltare e riascoltare.

Ho intervistato Enrico Nigiotti. Ho recuperato solo in questo tempo lento e veloce il disco. L’ho ascoltato e riascoltato per riportarmi con la testa al mare. In fondo la musica fa anche questo.

Come stai ora? Come stai vivendo questo strano periodo?

Sto vivendo questo periodo come tutti. Sono a casa. È importante restare a casa per proteggerci e per proteggere gli altri. Si naviga a vista. Non sappiamo quando, ma ne usciremo. Forse ne usciremo con più paure, qualcosa cambierà dentro di noi perché molte azioni prima semplici, come andare a fare un aperitivo con amici, magari non saranno più così semplici. Però ne usciremo con più consapevolezza di noi stessi perché questo restare a casa ci permette di avere il tempo per riflettere e su tante cose.

Nigio sei tu a 360 gradi. Come mai hai deciso di mostrare il fianco?

“Nigio” è il mio diminutivo, mi rappresenta. Ho scelto questo titolo perché in questo disco mi sono sentito libero di esprimermi, senza schemi e confini. Non qualcosa di confezionato classico del pop. Ho cercato solo di far emergere me e il mio gusto e di realizzare dei brani pensati per essere cantanti ma soprattutto suonati live.

Da cosa nasce l’idea di dedicare un brano a Pier Paolo Pasolini? Tra l’altro lui che in qualche modo aveva descritto la società di oggi

Pasolini è una canzone in cui descrivo la società di oggi attraverso le parole di Pier Paolo Pasolini. Ho preso spunto da un’intervista che ha rilasciato, un’intervista che mi ha colpito molto perché le sue parole sono perfettamente adattabili alla società moderna in cui viviamo

Invece in Vito ti ispiri a Pirandello (IL treno Ha fischiato) come mai?

È una novella che amo moltissimo. Descrive un personaggio visto che esce dagli schemi della vita quotidiana e viene allontanato dalla società. Nel brano racconto di un non capito, un emarginato. Ho voluto dare dignità a chi viene preso in giro. Vito è un barbone, vive per strada. Considerato dal popolo come il matto della piazza che urla e puzza di vino. Un personaggio che liberamente sfoga e vive la propria libertà senza temere o preoccuparsi del giudizio altrui.

Arriviamo a L’Ora dei tramonti come nasce la combinazione Nigiotti – Panariello?

Ho scritto L’Ora dei Tramonti e mi ricordava molto un racconto bohémien, perché parla di un ragazzo che “vomita” sul bancone di un bar la passione per la donna che lo ha lasciato. Volevo che questo suo lato “teatrale” emergesse in qualche modo, volevo recitare una prosa che ho scritto e inserito alla fine del brano, un monologo. Ma io mi sento in grado di recitare. La prima persona che mi è venuta in mente è stato lui Panariello, che oltre ad essere un grande comico toscano è un grandissimo attore che stimo moltissimo.

Una cosa che si nota spesso è che non scrivi canzoni patinate, piuttosto storie reali vivide, perché?

Perché è il mio modo di esprimermi. Scrivo semplicemente quello che vedo e che vivo. Racconto e scrivo quello che sento e che mi succede, non riesco ad andare di fantasia.  Non riesco ad inventare o a descrivere qualcosa che non ho vissuto in prima persona o che non conosco. Scrivo di cose che mi hanno colpito.

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