«Sarà perché sono un grande… e non me ne sono mai accorto!». Non un semplice verso, ma un talismano che Tiziano Ferro si ripete come un mantra per esorcizzare il dubbio.
Un promemoria che Tiziano Ferro, ha imparato: la fragilità non è un difetto ma una condizione umana, che il canto può essere confessione, e che la popolarità, a volte, pesa più dell’anima stessa.
Con “Sono un grande”, Ferro torna a raccontarsi con la lucidità di chi ha attraversato la tempesta e ora osserva i relitti galleggiare sul mare calmo del dopo. È un disco di ricostruzione e di vertigine, di resa e di rinascita. Dentro ci sono due anni di scosse e ripartenze: nuovi affetti, nuove persone, nuovi team di lavoro (etichetta, manager, produttori) e anche nuove cicatrici. Una vita ripensata daccapo, ma ancora percorsa dalla stessa sete di verità che da vent’anni lo accompagna.
L’album vive di contrasti: da un lato brani uptempo — Fingo & Spingo, Gioia, 1-2-3 — che però suona talvolta come un abito preso in prestito, una maschera necessaria; dall’altro il ritorno alla sostanza, alla voce tremante, al dolore fertile di Milite Ignoto, Ti Sognai e Tra le mani un cuore. È lì che Ferro si riconosce, lì che la sua scrittura si fa carne, memoria, redenzione. E quando il soul-pop torna a pulsare in L’amore è re o Le piace, si percepisce una sincerità che non ha bisogno di prove: basta ascoltarla.
Non è un disco perfetto, né intende esserlo. È imperfetto come un diario scritto di notte, tra la stanchezza e la necessità. Ferro non cerca più la perfezione levigata: mostra la crepa, l’errore, la voce incrinata — e proprio per questo “Sono un grande” diventa un atto d’onestà, un disco umano prima che pop.
Non tutti ci ritroveranno la scintilla dell’innovazione, ma chi vorrà ascoltare senza cinismo e preconcetti sentirà la sostanza di un uomo che, dopo essersi smarrito, prova ancora a cantare la propria verità.
Può piacere la sua musica e può anche non piacere, risultare poco innovativa, poco visionaria ma la sua sincerità nell’affrontare questa nuova fase della sua vita è vera e reale e pertanto … sei un grande Tiziano!
TRACCIA PER TRACCIA
Sono un grande
Quindi eccolo qui questo disco che si intitola “Sono un grande” perché è un disco che parla di insicurezze e nella canzone che apre l’album dico proprio questo a me stesso e a chi ascolta: “siamo qua, sono qua, se sono ancora vivo, se non sono ancora morto, sarà per caso, per torto, magari, invece perché sono un grande e non me ne sono mai accorto, magari ho avuto anche dei meriti, non è tutto un caso quello che mi è accaduto nella vita, magari avrò fatto qualcosa di giusto per arrivare qui”.
Se questo è il disco che non avrei mai dovuto pubblicare, questa canzone è la canzone che non sarebbe mai dovuta uscire e invece, alla fine, non solo l’ho inserita nel disco ma ho scelto di farla diventare la title track perché, se ho deciso di buttarmi a capofitto in questa nuova fase della mia vita musicale, allora lo dobbiamo proprio chiamare così questo disco.
L’unico obbligo che ho sempre avuto nei confronti di chi mi ascolta è la verità, in maniera quasi brutale. Anche se non sento di essere “un grande” mettiamolo tra le opzioni, tra la lista di cose che posso, che possiamo essere.
Questo è il disco delle supposizioni che poi diventano nuove affermazioni di vita.
Fingo&Spingo
La traccia numero due è “Fingo&Spingo”, una delle canzoni di questo lavoro che parla della sottile linea di separazione tra chi sei e quello che fai. Non c’è un cartellino che timbri, non c’è chi sei tu come autore, chi sei tu come essere umano, chi sei tu come cantante e spesso è lì il problema, il dramma degli artisti forse da quando la musica esiste, no?
È difficile riuscire a vestirsi in un modo, spogliarsi di quei vestiti e fare il padre di famiglia. È una cosa unica, è una cosa che forse porterà inevitabilmente chiunque faccia il mio mestiere ad essere un po’ malato: malati di fama o malati di voglia di normalità.
Due estremi: quando è troppa una, l’altra ci diventa estranea e allora chissà cosa accade. E allora in questa canzone è come se avessi seguito la vita di queste due persone, che poi sono una, una sola perché io non le so fare le cose di nascosto, non so vivere due vite separate. Sono sempre io, ho sempre la stessa faccia, la stessa voce, le stesse parole. Quello che viene fatto nell’ombra del privato spesso esce fuori, esce perché non puoi fare altrimenti, è impossibile che non esca perché qualcuno ti guarderà in faccia e lo leggerà. È la trasparenza assoluta, il cantante che prova a stare in piedi ma vive i suoi drammi che spesso lo mettono in ginocchio rendendogli difficoltoso mettersi davanti ad un microfono e cantare.
Cuore Rotto
Ho scritto “Cuore Rotto” un giorno in cui gli amici mi avevano convinto ad andare via da Los Angeles per staccare un po’ la testa da tutto quello che stava accadendo. Sono salito nella mia camera di hotel con l’idea di scendere pochi minuti dopo per andare a cena ma nel silenzio di quella stanza vuota sono stato assalito da quello che sarebbe poi diventato il primo provino di “Cuore Rotto”. Il testo e la musica mi sono venuti fuori di getto e non ho potuto fare altro che annullare tutti gli impegni e rimanere lì a scrivere. Sentivo che altrimenti avrei perso quel momento e non avrei mai saputo ritrovare quelle parole. Tornato a casa ho raggiunto Marco Sonzini in studio e abbiamo lavorato al primo demo.
Ho letto diverse cose molto belle su “Cuore rotto” ed è difficile parlare di questo brano adesso che è già uscito.
“Cuore Rotto” è una canzone di ricostruzione dalle macerie ed ho sempre pensato che sarebbe stata la canzone con cui iniziare il percorso di questo album.
Quando è uscito il video ho letto molte cose belle come il fatto che nel video rompo tutto ma salvo la foto dei miei figli e che alla fine, nel caos, mi siedo ad un pianoforte a ritrovare la pace perché la musica è per me importante come la mia famiglia.
Quando spacchi tutto non fai soltanto un danno fisico alle cose ma fai anche rumore e la musica adesso deve essere un po’ quello. È il momento di fare rumore, di ricominciare.
Milite Ignoto
Benvenuti nell’epoca in cui ci si può scrivere una canzone dalla tomba. “Milite ignoto” è una canzone un po’ cinica, cinico-ironica, dark, è utilizzare il mondo che ci ha schiacciato per tentare di dire qualcosa di nuovo: il mondo ci ha schiacciato perché ormai siamo davanti alle telecamere sempre, un gesto può diventare morte pubblica, morte civile, morte personale, un errore imperdonabile. Siamo arrivati al punto che un gesto può essere mal interpretato e trasformarsi in un disastro. Oggi si possono vivere mille vite ma al tempo stesso si vivono anche mille morti e chissà quale di queste morti sarà quella che poi segnerà veramente la fine delle cose. Il “milite ignoto” di questa canzone è colui che sta guardando il proprio funerale, che si crede finito ma che alla fine si rende conto che la sua vita non è invece ancora finita.
Io ho trattato la mia vita allo stesso modo: l’ho guardata iniziare e finire e iniziare ancora, spesso come uno spettatore molto incazzato perché mi rendevo conto che le cose stavano andando in un modo che non volevo.
L’importante è trovare consapevolezza di quello che sei e del fatto che nessuno ti può annullare, nessuno può dirti quando puoi smettere di esistere. Quel milite ignoto prenderà il nome che vuole, è già un agente segreto con un’altra identità, un’altra missione. Questa è una canzone che parla di coraggio, che invita le persone a vivere un’altra vita, ad andare avanti anche quando ti dicono, o ti sembra, che la tua vita è già finita.
Ti Sognai
Ti Sognai” è una canzone che faccio fatica a raccontare. Quando ho parlato di questo disco come di un disco che avrebbe potuto non uscire mai l’ho fatto perché è un disco che fa parte, che racconta, di un periodo che nel frattempo è finito. Quello che racconto sono stato io (alcune volte lo sono ancora) in quel momento, quando c’erano dei rancori che stavo tirando fuori, della rabbia, dei dubbi che magari poi ho risolto, delle ammende da fare che non avevo ancora fatto.
Il fatto di raccontare un periodo della mia vita finito, passato, mi ha portato a chiedermi molto spesso se e quanto volessi veramente pubblicare questo album, un disco scritto come opera terapeutica.
Certo, se un’opera è terapeutica lo devi capire tu prima di tutto e quando l’hai capito tu allora gli altri potranno fare di quel disco, di quella canzone, quello che vorranno, non potrai condizionarne la ricezione. Ed ecco qui l’album e anche questa canzone.
“Ti sognai” parla di una madre, una madre sognata, una madre che non si riesce ad abbracciare, una madre assente. E non è una madre morta, almeno non quella della quale ho scritto io. È una morte molto più complessa: quella dei rapporti, quella della connessione, soprattutto quando cresci e diventi tu il genitore e leggi tutto con la lente di quello che i tuoi genitori hanno fatto per te. È in quel momento che ti fermi, torni indietro e ti avvicini alla possibilità di perdonare alcune mancanze. Questa è una canzone piena di perdono. Il perdono non cambia il passato, le cose rimangono lì, come sono sempre state, ma cambia il tuo modo di porti nei loro confronti, non c’è più quella rabbia, quel rancore, ma il perdono. È una canzone dura, ma non giudicante
Gioia
Questa è una canzone che parla di gioia, di una bimba che nasce, di una bellezza unica che è quella della quale scrivo da ormai quasi tre anni, ovvero quella delle nuove vite. Diventare zio è diverso dal diventare padre; c’è la stessa tenerezza ma con una leggerezza e una bellezza che hanno un grado di poesia differente, arrivo a dire intoccabile. Il significato di un figlio/una figlia lo conosciamo tutti, non è paragonabile ad un/una nipote ma per me vedere mio fratello, a cui sono così legato, diventare padre e abbracciare mia nipote, sentirmi chiamare zio per la prima volta è stato emozionante, un privilegio meraviglioso.
Sento da zio la stessa responsabilità che sento da fratello, da padre, da figlio e da nipote anch’io. Sono rapporti che si costruiscono in due, prendono delle strade ognuna diversa dall’altra e ci tenevo che la mia strada con quella bambina iniziasse con una canzone, quello che zio Tiziano fa quando prova un’emozione molto forte, bellissima (ma anche bruttissima, divertentissima, drammaticissima) e quindi eccola qui, una canzone pervasa di vita nuova, di bellezza.
Quando Zef mi ha fatto sentire il beat a cui stava lavorando, ed era così bello, solare, tutto ha trovato il suo posto: forse questo brano è più di tutte le altre canzoni quello che porta tra le braccia l’immagine di ciò che è la felicità per me adesso. In un disco pieno di vita nuova non poteva mancare la gioia per una nuova vita.
Quello che si voleva
In tema di canzoni che non avrei voluto inserire in questo disco perché difficili ecco probabilmente questa sta al numero uno dell’elenco. Quando ho iniziato a scrivere questo brano ero arrabbiato, non avevo forse ricostruito abbastanza ancora, però non mi sembrava giusto crocifiggere questa canzone e non inserirla per questo nell’album.
Se è vero che ho scritto questa canzone quando ho provato, sentito e pensato quelle cose (all’inizio, infatti, c’erano solo le strofe e l’Incipit e lì avevo riversato tutta la mia rabbia), ho scelto di prendere quelle strofe e regalare loro un inciso di ricostruzione. Ho messo al centro l’inciso di una canzone di Chiara Galiazzo, “La Vita che si voleva”, un brano per me meraviglioso che non aveva avuto il giusto riconoscimento.
Se è vero che non abbiamo avuto la vita che volevamo, non dobbiamo smettere di cercarla, di crederci perché l’amore vero esiste e io lo so, e quello che è accaduto non mi ha privato della fiducia nell’amore, nel futuro.
Nel testo ci sono delle frasi molto forti delle quali oggi un po’ mi vergogno però ho deciso di non cambiarle. Sono parole che ho buttato fuori perché ne avevo bisogno, esistevano in quel momento e se le avessi cambiate avrei peccato di infedeltà nei confronti di chi mi ascolta. È una canzone che parte dal dolore, dalla rabbia, dal rancore, dal disprezzo e che poi diventa altro. È nel disco perché voglio che mi ricordi dove si può arrivare a causa degli errori.
L’amore è Re
A parte i figli, in questi ultimi anni l’elemento più importante nella mia vita sono stati gli amici, le amiche soprattutto.
Questa canzone è dedicata alle donne, alle mie amiche che nelle loro vite complesse, perfette e scombinate allo stesso tempo sono riuscite sempre a fare l’amalgama tra un mattone e l’altro per aiutarmi a ricostruire la mia vita. Mentre canto questa canzone vedo tutti i loro visi, le vedo forti, deboli, vive, un attimo prima pronte a crollare e l’attimo dopo già protagoniste del capitolo successivo della loro vita. Loro che ti sanno ascoltare, in maniera costruttiva, ti fanno sentire capito. Non è una gara di amicizia uomo/donna, è solo la constatazione di ciò che quelle donne straordinarie fanno e hanno fatto per me. È un grazie a loro.
1-2-3
1-2-3 è il metodo di recupero del fiato che mi è stato insegnato quando ho iniziato ad avere degli attacchi di panico, forse tra i nemici più difficili da combattere in un periodo già così complesso della mia vita, un nemico di cui non conoscevo le regole e che ho dovuto imparare a gestire e risolvere.
Anche in questo caso ne ho parlato in una canzone perché questo è quello che faccio quando scrivo: buttare fuori, raccontare, dare sfogo ad una necessità. Ho tenuto questa canzone nel disco perché ne avevo avuto bisogno e se la scelta di pubblicare questo disco era quella di raccontare cosa mi è accaduto in questi 2 anni allora anche questo doveva esserci. L’avevo già detto in passato ma ci tengo a ribadirlo: si parla molto poco e molto male di salute mentale. Ho la sensazione che se ne parli perché va di moda ma senza entrare mai nei dettagli più scomodi. Bisogna affrontare i propri problemi, lavorare con gli specialisti giusti, non sottovalutare, non nascondere, non demonizzare. Io ne ho parlato in passato e lo faccio anche ora, in questo disco.
Le piace
Se dovessi fare una classifica delle canzoni che ho più ascoltato del mio nuovo album allora direi, senza ombra di dubbio, questa. Parla di mia figlia, di quando era più piccola ovviamente perché è stata scritta nel primo anno di paternità ed è un altro un altro omaggio alla bellezza, alla gioia di essere padre, l’orgoglio di essere padre, la responsabilità ma parla anche della tenerezza, della bellezza del rapporto tra padre e figlia, un rapporto molto diverso, almeno per la mia esperienza, tra quello padre e figlio. A riascoltarla oggi devo dire che è una polaroid abbastanza a fuoco di quello che è lei ancora oggi. Anche questo è un inno alla gioia.
Meritiamo di più
Ho voluto chiudere questo disco con questa canzone perché è un brano che urla chiusura, è un inno a favore di se stessi, verso la conquista di nuove terre, un inno alla giustizia verso se stessi perché spesso siamo i primi a non capire, accettare il nostro valore, diventiamo prima di tutto vittime. Se ho deciso di intitolare questo disco “Sono un grande” è perché dobbiamo tutti insieme dirci che “Meritiamo di più”, dobbiamo credere in noi stessi.
Ho scritto questo disco senza credere di essere io un grande ma con la consapevolezza di essere stato fortunato e allora porto avanti questa responsabilità con questa canzone.
Tra Le Mani Un Cuore
Questa canzone sarebbe assolutamente stata parte integrante di questo disco ma se ti chiama Massimo Ranieri e ti dice io vado a Sanremo e voglio una tua canzone non puoi non dargliela e non dargliene una che significhi qualcosa di importante per te. Questa canzone parla di spiritualità e la spiritualità per me sta alla base dei rapporti che ho, del rapporto che ho con me stesso, con i miei figli, con i miei amici, con chi mi ascolta, con chi ho amato e chi mi amerà. Mi sento responsabile di essere molto di più di una persona che ti fa ridere se sono un amico o che ti ama se sono un tuo compagno e “Tra Le Mani Un Cuore” è la dichiarazione di responsabilità verso le persone che hai intorno: io riconosco la mia capacità di farti del bene ma anche di farti del male e con questa canzone voglio raccontare quel senso di responsabilità come qualcosa di importantissimo, come qualcosa di prioritario nella mia vita. Le persone sono state sempre la cosa che mi ha fatto meglio ma anche peggio nella vita, e io spero di riuscire ad essere per chi mi ha fatto del bene qualcosa di importante. La vicinanza delle persone può essere una medicina, può essere riparo, avere accanto delle persone che ti proteggono l’animo, il cuore, te lo tengono in alto quando inciampi e quando il cuore prova a cadere provano a salvarlo e a metterlo su un altare, a celebrarlo quando è il caso, ecco per me questi sono i rapporti che contano e sono stato molto fortunato, ne ho avuti molti di questi rapporti nella vita. Quando ho visto le esibizioni di Massimo a Sanremo mi sono commosso perché veramente ha cantato in maniera memorabile, è stato bravissimo. Per me la versione principale è la sua, quella sul palco dell’Ariston, ma ho voluto inserire questa versione perché, quando una canzone esiste, poi è di tutti.
SCORE: 7,00
DA ASCOLTARE SUBITO
Sono un grande – Ti Sognai – L’amore è Re
DA SKIPPARE SUBITO
Fingo&Spingo boh mi sembra un qualcosa banalotta sotto il profilo dei suoni.
TRACKLIST
1. Sono un grande
2. Fingo&Spingo
3. Cuore Rotto
4. Milite Ignoto
5. Ti sognai
6. Gioia
7. Quello che si voleva
8. L’amore è re
9. 1 2 3
10. Le piace
11. Meritiamo di più
12. Tra le mani un cuore
DISCOGRAFIA
2001 – Rosso relativo
2003 – 111
2006 – Nessuno è solo
2008 – Alla mia età
2011 – L’amore è una cosa semplice
2016 – Il mestiere della vita
2019 – Accetto miracoli
2022 – Il mondo è nostro
2025 – Sono un grande