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Recensione: MATT BERNINGER – “Get Sunk”

MattBerninger-GetSunk-album-2025

Dimenticate i The National, o meglio, accantonateli per un momento in un’altra stanza. Con “Get Sunk”, Matt Berninger scende negli abissi della sua sensibilità senza la complicità dei fratelli Dessner, ma non per questo privo di ancore emotive o sponde sonore.

Il secondo disco solista del cantautore americano è un gesto di fiducia verso l’istinto e l’imperfezione, un lavoro che si affranca dall’ossessione del dettaglio millimetrico per abbracciare una poetica più libera, per certi versi più umana.

Registrato a Silverlake insieme al produttore e sodale Sean O’Brien, “Get Sunk” evita le trappole del manierismo indie e si concede spazi di respiro e improvvisazione, aprendosi a un dialogo costante con i musicisti coinvolti: Hand Habits (Meg Duffy), Julia Laws (Ronboy), Kyle Resnick, Booker T. Jones, Sterling Laws e altri comprimari di rango non fungono da semplici comparse, ma contribuiscono a costruire un atlante emozionale stratificato, intimo ma mai claustrofobico.

Sin dall’iniziale Inland Ocean, sorretta da orchestrazioni in sottofondo e un coro etereo, Berninger mostra di voler esplorare una topografia interiore che mescola malinconia e abbandono con una curiosa leggerezza.

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Bonnet of Pins si muove su territori più abrasivi, con un’ironia obliqua, mentre Breaking Into Acting e Silver Jeep, entrambe duetti—il primo con Hand Habits e il secondo con Ronboy—restituiscono la sua voce come controcanto, mai dominante, sempre in ascolto dell’altro.
Interessante e intenso è lo spoken word di Nowhere Special pezzo dove la sua voce profonda e ammaliante avvolge e coinvolge. 

Rispetto al precedente “Serpentine Prison”, che soffriva di una certa dispersione stilistica, “Get Sunk” ha una coerenza che non rinuncia alla varietà. C’è il Berninger classico, certo – quello di Frozen Oranges, che pare scritta per la notte e per nessun altro momento – ma anche un artista disposto a smarcarsi dal proprio mito, a lasciarsi attraversare dalle intuizioni altrui senza perdere identità.

È un album di rifrazione, più che di riflessione: ogni brano è uno specchio d’acqua che distorce e moltiplica la voce di un uomo in perenne bilico tra disincanto e desiderio, solitudine e coralità.

“Get Sunk” galleggia ostinatamente, come fanno le cose fragili che non vogliono arrendersi alla profondità.

DA ASCOLTARE SUBITO

Inland Ocean – Frozen Oranges – Nowhere Special

DA SKIPPARE SUBITO

Dieci canzoni per allontanarsi da rumore e inutilità sonore. 

SCORE: 7,50

1. Inland Ocean
2. No Love
3. Bonnet of Pins
4. Frozen Oranges
5. Breaking Into Acting (feat. Hand Habits)
6. Nowhere Special
7. Little by Little
8. Junk
9. Silver Jeep (feat. Ronboy)
10. Times of Difficulty 

TRACKLIST

DISCOGRAFIA 

2020 – Serpentine Prison
2025 – Get Sunk

VIDEO 

WEB & SOCIAL 

https://www.instagram.com/greengloves777/

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