IO SONO MIA: Un punto di partenza su cui riflettere

IO SONO MIA: Un punto di partenza su cui riflettere

In prima serata su Rai 1 è andato in onda “Io sono Mia” il biopic prodotto da Eliseo Fiction in collaborazione con Rai Fiction e diretto da Riccardo Donna, che ripercorre uno spaccato della vita di Mia Martini a trent’anni dalla sua parte partecipazione al Festival di Sanremo del 1989 con “Almeno tu nell’universo”.

Arriva diretto come “un colpo al cuore”, aveva sottolineato Loredana Bertè, che ha collaborato con la produzione raccontando aneddoti e dettagli della vita e del carattere della sorella, scomparsa nel 1995. Non hanno voluto partecipare, invece, il grande amore di Mimì, Ivano Fossati, e l’amico di sempre Renato Zero.

Il film è una piccola fotografia di quello che è stata la donna e la cantante Mia Martini, ben interpretata dall’attrice Serena Rossi che ha scandagliato per mesi le movenze e i lati del carattere di quella che è una delle voci ancora oggi uniche nel panorama musicale italiano. C’è chi si aspettava qualcosa di più, magari uno spaccato più ampio, eppure Io sono Mia è uno spaccato che pone le basi per una profonda autocritica.

A Mia Martini, è stato tolto tanto, tutto per certi versi. Un “Scusa Mimì”sarebbe consono, dovuto. Uno “Scusa Mimì” che non è mai arrivato da nessuno, da chi aveva sparso la voce che la cantante portasse sfortuna, dagli organizzatori di Festivalbar, Sanremo, programmi tv, dalle case discografiche, dai giornalisti coinvolti. “Io sono Mia” mostra a gran voce il potere della parola, come questo possa influenzare la vita e la carriera di un artista. E se al giorno d’oggi sembra assurdo che una diceria simile possa ancora attecchire, risultando anacronistica, mi tocca invece pensare a quanto non sia poi così. Ci fermiamo poco a valutare gli effetti di ciò che viene scritto sia un disco, un artista, sentendosi spesso detentori della verità unica. Un esempio in senso stretto sono state Arisa negli scorsi anni descritta come un personaggio di difficile gestione per stramberia e Loredana Bertè, sorella di Mia su cui sono state spese parole che rasentano il patetico.

Io sono Mia mostra la fragilità di una donna lasciata sola, ma anche la forza di rialzarsi ancora una volta.

Io sono Mia legittima il valore di una delle più grandi interpreti degli ultimi anni della storia musicale italiana e lascia aperta la domanda: perché?.

Perché a lei? Perché così?. Una domanda che non trova risposta concreta, forse solo una sfumatura. Perché Mimì era una donna, perché Mimì era brava, davvero, come poche allora, forse solo l’unica che con la sua voce e la sua interpretazione riusciva a farti sentire il dolore, la speranza, la malinconia, di ciò che cantava. Perché Mimì arrivava lì, diritta allo stomaco, senza chiedere permesso, perché ancora oggi riguardando le sue esibizioni, riascoltando i brani che la resero famosa, la vedi lì, con la sigaretta tra le labbra pronta a incidere un pezzo di quella emozione, lasciandone tracci fisica anche per chi di lei non ha mai capito molto.

Scusa Mimì.

 

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