Intervista: OMBRE CINESI Era meglio con la Summer Card

Intervista: OMBRE CINESI Era meglio con la Summer Card

Ombre Cinesi lancia il singolo “Summer card”, anticipato da una campagna social ispirata ai tormentoni degli Anni Novanta.

Ombre Cinesi ci porta indietro alle estati degli anni Novanta, quelle degli amori di gioventù e del cellulare (gigante) alla mano. Niente Whatsapp, niente messaggi lunghissimi e vocali infiniti. Solo 160 infamissimi caratteri e uno squillo qua e là quando il credito andava sotto zero. E l’immancabile Summer Card a salvarci…

Perché oggi c’è così tanta nostalgia del passato? In fondo prima avremmo volentieri  barattato una Summer Card  un’invenzione come Whatsapp. E invece quasi quasi si stava meglio quando si stava peggio…

In generale si ha sempre una percezione di un passato migliore rispetto al presente, credo faccia parte della natura umana (o dei nostalgici…). Però è innegabile: quest’attesa che si riduce sempre di più tra una risposta e l’altra, in una chat, lascia meno spazio alla fantasia e al fascino. Vogliamo mettere quando il tutto era condito anche da indecifrabili squilli?

Secondo te prima dei social e delle app di messaggistica si comunicava meno ma meglio, proprio perché c’era una limite oggettivo di spazio? O meglio ora, che ognuno può dire quello che vuole, quando vuole e come vuole, approfittando delle casse di risonanza dei social?

Questa totale (tralasciando le censure) libertà di espressione e parola, è bellissima. Sicuramente prima lo spazio era pochissimo e si doveva quasi fare una selezione, cercare di essere brevi ed esplicativi. Ma il problema principale è proprio la facilità con cui oggi possiamo comunicare: rischia di essere un’arma pericolosa quando c’è poca riflessione su un proprio pensiero e lo si può esternare con immediatezza. Credo che anche la parola sia diventata “liquida”, scorre veloce, è poco incisiva e molto confusionaria… Troppi caratteri a disposizione, troppa velocità! Però basta prendere un po’ il ritmo e la selezione che avveniva con i pochi caratteri SMS a disposizione quando si scriveva può avvenire anche oggi, nelle nostre teste, quando leggiamo i Social. Per questo ciò che dobbiamo provare a conservare è la capacità di discernere.

 Collegato all’exploit dei social, anche l’inevitabile problema del body shaming, e quindi della “prova costume” di cui parli nel tuo singolo Summer Card….

Esatto, uno dei punti focali del brano è proprio il body shaming. Probabilmente i social ci mettono sotto gli occhi le tante bellezze dell’essere umano, sottoforma di fotografia. Se visto in questo senso, credo lo combattano. Ti mettono sotto gli occhi “il mondo”, e l’occhio si abitua a qualcosa che è differente dalla propria immagine riflessa su uno specchio. Poi gli stolti ci sono sempre e vanno combattuti, sui social e non.

Però è sempre più difficile mostrarsi nudi, piuttosto che dietro una maschera, no?

Concordo, hai compreso benissimo. In Summer Card dico “Faremo un bagno nudi, neanche la maschera”: un doppio aspetto che riguarda sia l’abbandono di una forma di vergogna fisica che l’abbandono di filtri inutili nel rapportarsi.

Ci racconti della campagna social che ha anticipato l’uscita del singolo?

È nata da un’idea mia e dell’etichetta. Ci sono dei momenti televisivi che da bambino abbinavo all’inizio dell’estate: la pubblicità del Festivalbar, la pubblicità dei gelati, la pubblicità del tè, la Summer Card. Proprio la Summer Card era il ponte di collegamento tra noi e gli amori estivi: potevamo iniziare a scriverci liberamente ed essere in contatto. Mi piaceva l’idea di segnare quest’estate con un brano dal titolo evocativo e con qualcosa che riguardasse gli SMS. Nel corso della campagna, pagine e influencer ci hanno aiutato a diffondere il messaggio con un video di Megan Gale e un numero a cui scrivere il proprio nome + l’hashtag #summercard. Hanno risposto davvero tante persone, in cambio hanno ricevuto tutti una chiamata di 15 secondi con l’anteprima del brano: un forte richiamo ad un tipo di telefonia che non c’è più. Mi piaceva tanto la tecnologia negli anni ’90/2000, pensa che ho avuto il mio primo “cellulare” con cui si scrivevano gli SMS senza T9!

Come ti sembra il mondo dominato dagli influencer, che tu stesso hai coinvolto in questa campagna?

Abbastanza variegato. Ci sono influencer professionali e disponibili e altri che fanno puro business. Ovviamente quelli che hanno lavorato con me, la mia etichetta e il mio ufficio stampa, appartengono alla prima categoria!

“Post Coito” è il tuo primo progetto solista come Ombre Cinesi. Per fare una citazione vintage al contrario, “One is megl che two”?

Dopo questa frase riesco a pensare solo al Maxibon… Ecco, il Maxibon “two is megl che one”, ma questo percorso da solista mi piace tantissimo. E la musica non è un Maxibon, quindi bene così! Che poi un solista si interfaccia ugualmente con tanti musicisti e avvengono scambi musicali stupendi! Da solista sto bene e credo che continuerò ad azzardare ancora di più con i miei brani.

 Ci dici tre cose del passato in stile “Summer Card” che porteresti con te nel futuro?

Credo che la grammatica sia diventata abbastanza vintage e la porterei con me, poi le sigle dei cartoni animati che non esistono più (penso a quella di “Ken Il Guerriero”…). Per il resto, credo ci siano già molti revival, quindi sarei un pizzico egoista e porterei con me quelle persone che dalla Summer Card ad oggi mi scrivono ancora, ma su Whatsapp!

 Cosa c’è nel futuro di Ombre Cinesi?

LA MUSICA!

 

 

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