Intervista – TOMMY CASH: “Espresso Macchiato” è nato per caso, come tutte le cose belle

Intervista – TOMMY CASH: “Espresso Macchiato” è nato per caso, come tutte le cose belle

Eclettico, provocatorio, dissacrante. Tommy Cash è pronto a sorprendere l’Europa con “Espresso Macchiato”, il brano che porterà in gara all’Eurovision Song Contest. Tra ironia, estetica barocca e riferimenti all’arte contemporanea, ci ha raccontato cosa c’è dietro il suo nuovo tormentone.

Come è nato “Espresso Macchiato”? C’è un immaginario molto italiano dietro…

È nato per caso, come spesso accade con le cose migliori. Non avevo mai pensato di fare una canzone in italiano. Ma avevamo questo nome, “Espresso Macchiato”, che suonava benissimo. Era il mio compleanno, ero a Firenze con la mia ragazza, prendevamo un caffè. E a un certo punto ho capito: io sono il caffè, il gusto puro. Così, inconsciamente, la canzone ha preso forma.

Ti senti sotto pressione per tutto l’immaginario che stai costruendo, soprattutto in Italia?

La pressione fa nascere i diamanti. Quindi la accolgo. Non sento una vera pressione, anzi, è tutto molto eccitante.
Mi sto preparando come un fighter: ho il mio training camp, devo essere forte nel corpo, nella mente, nella voce. Ogni parte di me deve funzionare.

C’è qualche artista italiano che ti piace particolarmente?

Ce ne sono tanti. Ma mentre lavoravamo a Macchiato, pensavo a un certo tipo di uomo italiano. Sono cresciuto ascoltando Pavarotti con la mia famiglia. È un modello, una leggenda. E forse un giorno Tomaso (cioè io) potrà essere anche solo il 5% di lui.

Quanti caffè bevi al giorno?

Oggi quattro. Non è male, vero? Sarà una lunga giornata… ormai sono quasi italiano!

La tua immagine va ben oltre la musica. Come è nata?

Si è costruita negli anni. Ho sempre voluto creare qualcosa più grande di me. Alla fine, la linea tra chi sei e chi vuoi essere si sfuma. Non c’è più distinzione tra Tommy e Tomas. È tutto fuso.

Cosa rappresenta l’Italia per te?

Tutto. L’italiano è una lingua musicale, i design sono fantastici, le città sono bellissime. Abbiamo voluto partire con un’estetica minimalista, ma anche giocosa. Andy (Kane) mangiava un hamburger e io prendevo un caffè… così è iniziato tutto.

Qual è il ruolo dell’arte nel tuo percorso? Hai dei riferimenti precisi?

L’arte è fondamentale. Volevo portarla anche all’Eurovision. Per questo abbiamo fatto cose come il remake del “4’33” di John Cage, il brano silenzioso. Ci sono 300 milioni di persone che guardano lo show: perché non dargli anche qualcosa in più?

Ti aspettavi un successo così grande per “Espresso Macchiato”?

Nessuno sa mai a che livello una canzone può arrivare. Certo, lo spero sempre. Ma questa volta è arrivata davvero ovunque. Anche il titolo ha aiutato: una parola che senti una volta e non dimentichi più.

Quanto conta l’ironia nella tua musica?

È ovunque. Non prendo la vita troppo sul serio. La affronto con ironia, con leggerezza. Voglio che la gente si chieda: “Sta scherzando? È serio? Cosa sta pensando?”. Voglio lasciare domande, non risposte.

Temi qualche concorrente all’Eurovision? C’è qualcuno che sei curioso di incontrare?

Non temo nessuno. Sono un tipo tranquillo, voglio salutare tutti. Non conosco ancora tutti gli artisti, ma mi sembra che Lucio Corsi sia molto interessante.

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