Intervista: THE LEADING GUY – La mia prima volta in italiano

Intervista: THE LEADING GUY – La mia prima volta in italiano

The Leading Guy ha appena pubblicato il suo primo singolo in italiano, “Per non andare via” e dal 28 gennaio sarà in tournee nei principali club italiani. Abbiamo chiacchierato con lui del significato della canzone, e dell’incoscienza che serve per andare, ma anche per restare.

“Per non andare via è una somma di questi anni musicali”, ci ha raccontato Simone Zampieri meglio conosciuto come The Leading Guy, quando gli abbiamo chiesto di parlarci del suo nuovo brano.
“Sono tornato indietro, al “prima”, quando fare il musicista nella vita era soltanto un sogno lontano. Mi sono chiesto cosa avevo lasciato indietro, e che altra vita avrei potuto avere se avessi fatto altre scelte. Chi fa il musicista sa bene che questo lavoro ti occupa il 100% della vita, portandoti via affetti e relazioni. E per questo ti dici “No, forse non dovevo andare via”: Infatti è un brano legato moltissimo al posto in cui sono nato, Belluno, ed è alle persone che sono rimaste lì che mi rivolgo.

 

Hai sempre scritto i tuoi testi in inglese. “Per non andare via” è il primo singolo in italiano. Che cos’è cambiato?

Non ho mai avuto chiusure verso l’italiano. Semplicemente non mi veniva e non avevo mai provato. Un giorno, a Roma, è venuta fuori la prima frase di “Per non andare via”. In italiano. C’è un motivo secondo me se una canzone esce fuori di getto, in dieci minuti. Per questa canzone è stato così.

Ci sono emozioni in più o in meno che hai provato mentre scrivevi questa canzone, rispetto al tuo solito scrivere in inglese?

Scrivere in italiano mi emoziona moltissimo. Per assurdo, cantare in italiano un po’ meno. Dipende molto dal testo, devo sentire che ogni parola è ben pesata. “Per non andare via” è una delle canzoni più emozionanti che ho scritto, del resto le ho dato il compito di essere la prima in italiano del mio repertorio.

The Leading Guy Per non andare via

Hai avuto subito voglia di farla uscire o ci hai pensato un po’ su?

Ci facciamo sempre mille paranoie sulla coerenza, quando non c’è mai una vera coerenza nelle nostre azioni. Allora mi sono detto: perchè esitare se questa canzone la sento mia? L’ho rigirata tra le mani un po’ prima di lanciarla. Poi l’ho fatta ascoltare alle persone di cui mi fido, per avere un parere, e tutti mi hanno incoraggiato a pubblicarla. Certo, la cosa è stata pesata: non è certo un singolo alla J-Ax, però ci sta, soprattutto in un momento si cerca la hit a tutti i costi.

C’è mai stato un momento nella tua vita in cui hai sentito la fortissima necessità di scappare, rifugiarti altrove, perchè magari qualcosa ti andava un po’ stretto?

A 19 anni sono fuggito da Belluno per andare prima in Irlanda, e poi a Trieste dove faccio base tutt’ora. All’epoca mi sentivo stretto a livello di rapporti interpersonali, e anche per i sogni e le ambizioni che avevo. Però penso che la musica più bella nasca nei posti più piccoli, nei luoghi più strani, nella provincia vera. Un po’ come la musica che nasce a Manchester e non a Londra. Anche se poi ok, tutti ad un certo punto vanno a Londra.

Ci vuole coraggio per mollare tutte le certezze e andarsene, ma anche per restare di questi tempi, no?

Ci vuole coraggio, sì, ma soprattutto incoscienza. E forse l’incoscienza viene scambiata per coraggio. Quando sono andato via a 19 anni mi sentivo molto importante per esserci riuscito. Invece oggi, a 33 anni, credo che chi va, così come chi resta, abbia la stessa dose di coraggio – o di incoscienza. Soprattutto chi resta. Penso al sud: ho girato tanto lì con la mia chitarra, ci sono regioni con paesi che rischiano di scomparire perchè poco popolati. Chi va via chiude un cerchio, ma chi resta ha fegato: non tutti i sogni impongono di partire.

A 5 anni dal tuo esordio come The Leading Guy te la senti di fare un bilancio parziale?

E’ stato un percorso sempre in crescita, ed è stato bello vedere come ogni mese cambiavano le cose. Dal primo disco autoprodotto, alle prime 200 date live, al contratto la Sony, fino ai concerti che ho avuto l’onore di aprire. Questi 5 anni li festeggio felice, con un tour nei club. Sono molto orgoglioso di non aver saltato nemmeno uno step della gavetta.

Com’è stato partecipare ad un progetto corale come Faber Nostrum, dedicato a Fabrizio De Andrè e cantare “Se ti tagliassero a pezzetti”?

All’inizio uno spavento. Non avevo mai cantato in italiano, nemmeno pezzi altrui, nemmeno in spiaggia da ragazzino. All’inizio ero quasi tentato di rinunciare, per rispetto a Fabrizio De Andrè. Poi mi sono detto: meglio iniziare con un brano bello, che con un brano brutto. Non volevo affatto sembrare una brutta copia, infatti abbiamo stravolto il brano in una versione alt-folk. Oggi posso dire che mi diverte cantarlo, lo farò anche in tour.

The Leading Guy

ph. Danilo D’Auria

Tra i tanti concerti di artisti nazionali e internazionali che hai aperto, ce n’è qualcuno che ricordi con particolare emozione?

Non per essere democratico o paraculo, ma tutte mi hanno lasciato qualcosa di grande. Se devo dirtene due: 5 anni fa, la prima apertura e l’inizio vero della mia carriera di musicista, con Jack Savoretti. Anche lui era agli inizi, abbiamo suonato al Teatro di Trieste, ricordo che era stracolmo. E oggi, 5 anni dopo, siamo ancora amici e suonerò di nuovo in quel teatro, con un pubblico tutto mio. L’altro, è stato il duetto con Elisa su un brano di De Andrè a Genova, per i vent’anni della sua morte. E’ stata la volta che ho avuto più paura di salire su un palco e cantare.

Con chi sogni di duettare?

Fiona Apple. Nel panorama femminile è una delle artiste che mi piace di più.

Tra poco inizi il tuo tour nei club con la band. Come ti senti a pochi giorni dallo start?

Quando prendevo la chitarra e salivo da solo sul palco era tutto molto più semplice. Oggi siamo tantissimi, la macchina organizzativa è enorme, ma sento che i brani di “Twelve letters”, il mio ultimo disco, hanno finalmente il vestito giusto. Dopo 300 e più date, sempre ad affrontare tutti da solo, sono felice di avere altre persone al mio fianco.

Sanremo comincia poco. Ti ci vedi tu, su quel palco, un giorno, a cantare in italiano?

A parte quella fase da ragazzi in cui ci sente un po’ punk, non ho mai avuto nulla contro Sanremo. Anzi, mi piace sempre di più da quando esistono i talent. Forse prima dei talent sarei stato più snob, ma se il brano è buono e merita di essere ascoltato, Sanremo è il palco giusto.

Vuoi dire che non apprezzi i talent?

No, per nulla. Prima avrei evitato il Festival perchè lo consideravo più mainstream, ma dopo aver visto i danni che i talent fanno alla musica, apprezzo molto di più Sanremo come rampa di lancio per i giovani. Non credo minimamente ai talent. Sono solo uno show.

Da poco è iniziato il 2020. Buoni propositi?

Riuscire come ogni anno a fare questo mestiere. Non è scontato, così come non lo è continuare ad averne voglia.

The Leading Guy ricanterà in italiano?

Per il momento c’è questa canzone. Se mai domani scriverò un brano che fa stare bene me, e che penso possa far star bene chi lo ascolta, sicuramente lo rifarò. Senza alcun problema, basta che io ci creda.

The Leading Guy è pronto a tornare sul palco e per la prima volta sarà accompagnato da una band: il cantautore sarà infatti protagonista di una tournee nei principali club italiani che prenderà il via martedì 28 gennaio da Firenze allo Spazio Alfieri, per poi proseguire il 29 gennaio in Santeria a Milano, il 30 gennaio al Teatro Miela nella “sua” Trieste, il 31 gennaio al New Age Club a Treviso e infine sabato 1 febbraio allo Spazio Rossellini a Roma (biglietti in vendita su Ticketone.it).

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