SIMONE CRISTICCHI: Il microfono è uno strumento sacro

SIMONE CRISTICCHI: Il microfono è uno strumento sacro

Simone Cristicchi torna con un disco che racconta la sua carriera e un tour.

Simone Cristicchi è un alieno nel panorama musicale italiano. Un artista libero, a cui sono sempre poco importati i numeri. Un artista che si è sempre messo in discussione, anche questa volta a Sanremo con un brano che racconta le fragilità di un’umanità in cambiamento.

Come stai?

Ho appena finito la tournée teatrale che è stata un successo grandioso. Sto provando con la band per la tournée estiva. Mi sto divertendo tantissimo.

Hai sempre proposto brani che hanno segnato chi ti ascolta. Brani non sempre facilissimi di comprensione. Cos’è per te essere umani verso un’altra persona, perdonare e capire, oggi?

Penso che stiamo affrontando un periodo di grandi cambiamenti in cui siamo messi di fronte alle nostre fragilità, rimettendo in discussione le nostre certezze. se non guardiamo dentro di noi, le nostre ferite e il nostro essere separati è difficile che l’umanità possa avere un futuro. Abbi cura di me cela il senso di ripartenza ma anche il nostro essere fragili, pur mostrandoci forti Abbi cura di me è una richiesta di aiuto universale che denota una mancanza. Noi da quando usciamo dal grembo materno ci sentiamo per tutto il resto della nostra vita distaccati da qualcosa. Abbiamo il mondo virtuale a portata di mano ma siamo distanti l’uno dall’altro. Abbiamo delle nuove tecnologie che ci permettono di accorciare virtualmente le distanze e dall’altra però non sappiamo dove cercare. Ho sentito l’esigenza di ripartire dalle poche cose che contano. Cosa citiamo a fare qua? Chi ci ha dato l’opportunità di vivere?. Credo che l’umanità debba riabitare le domande di senso per fare un passo in avanti nell’evoluzione. E’ un mondo che ci chiude sempre di più in noi stessi, nel nostro microcosmo. Abbi cura di me è un’apertura a qualcosa di diverso.

E’ uscito il tuo disco. Un album che fa rileggere la tua discografia. Chi è Simone oggi?

Io mi reputo una persona molto fortunata perché sono riuscito a trasformare la mia passione nel mio lavoro ormai da quattordici anni. Mi sento un vincente pur non avendo mai fatto l’Olimpico o San Siro. L’arte mi ha salvato la vita, è stata una terapia quando ero bambino e lo è tutt’ora perché mi permette di condividere il mio mondo interiore con altre persone. Sento una maturazione e un cambiamento, sono maggiormente consapevole dello strumento microfono attraverso il quale molto spesso vengono veicolati messaggi di violenza e non costruttivi. Il microfono è uno strumento sacro, potente. L’ho visto nell’ultimo Sanremo, se pensi che il testo della mia canzone è stato dottato da molte scuole. Le canzoni possono influire sulle nuove generazioni e in questo momento sono molto attento alle parole, sono scrupoloso certosino e artigianale. Prima l’attitudine era quella di stare sul palco. Oggi, invece, Cristicchi te lo devi andare a cercare. Appaio sempre meno in televisione, per scelta, perché non mi piace essere troppo presente in luoghi in cui si viene sminuiti per quello che si fa.

Sei sempre stato un artista libero. A conti fatti pensi che questa tua libertà lavorativa abbia dato i suoi frutti?

La libertà che ho oggi e che mi sono conquistato ha avuto un prezzo. C’è sempre il rovescio della medaglia. Penso di essermi conquistato pubblico e una credibilità nel mondo del teatro che mi permette di dirigere un teatro stabile come quello dell’Abruzzo. Questo per me è motivo di orgoglio. Non ho mai strizzato l’occhio al marketing e questo ha penalizzato i grandi numeri. Non ho malfatto i grandi numeri salvo nei casi di Sanremo 2007 con Ti regalerò una rosa. Non mai vissuto la rabbia, la smania o l’invidia. Mi sono costruito u mondo, il mio, che è un habitat in cui posso sperimentare. Mi sento un ricercatore, di storie e nuove emozioni. Quando parli di emozioni, i numeri non contano più.

Cosa pensi di aver lasciato con questo disco, in chi lo ha adottato e comprato?

Con questo Sanremo ho avuto l’opportunità di farmi conoscere da molte persone. Mi sono accorto che alle presentazioni c’erano molti bambini e adolescenti. Mi regala il senso di questa raccolta. Chi mi ha visto per la prima volta, attraverso questo album conosce il mio mondo. Sono ventuno brani, lo stesso vale per il concerto. il disco è la fotografia di un artista che è sempre stato in evoluzione. un romanzo musicale della mia vita.

Cosa proporrai sul palco a livello emozionale? Come ti stai preparando tu e cosa vorresti che venisse colto?

Ho fatto una sorta di data zero vicino a Lucca. E’ stata la mia prima sortita dopo la burrasca sanremese. Ho avuto la riprova di quello che Sanremo ha sortito. Ad un certo punto mi sono fermato e la piazza era in silenzio, non volava una mosca. Ho percepito il rispetto nei miei confronti, pur essendo un concerto gratuito c’era persone che erano venute lì appositamente per ascoltarmi. Non ero più abituato a questo genere di riscontro. A un certo punto ho detto che sembrava di stare in teatro. Sento che il pubblico ha una considerazione alta di me e del mio repertorio. il lavoro sugli arrangiamenti è fondamentale, riporta i brani al Simone di oggi, anche se non mi piace parlare in terza persona. Ci sono momenti molto acustici, strumenti della musica popolare. E un concerto con un suono più definito, come mi sento io: più a fuoco.

 

Cosa ci sarà dopo?

A novembre debutterà il mio nuovo spettacolo “HappyNext -alla ricerca della felicità”ed è una nuova produzione che vedrà la torneo nell’anno che viene. Continuo a dirigere il documentario. Si è creato un movimento di cercatori di felicità. Il documentario verrà presentato ai festival del cinema. E’ stata una bellissima avventura.

Hai capito cos’è la felicità?

Esistono sette miliardi di tipi di felicità. ognuno ha la sua definizione di felicità. La mia è dare alla luce me stesso, partorire la mia unicità. credo che questa si accomuni un po’ a tutti, ognuno di noi è al mondo per cercare il suo posto, per accendere quella scintilla di unicità propria.

 

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