SANREMO 2025 – SHABLO con GUÉ, JOSHUA, TORMENTO è l’apertura di un nuovo ciclo

SANREMO 2025 – SHABLO con GUÉ, JOSHUA, TORMENTO è l’apertura di un nuovo ciclo

Da oltre vent’anni, Shablo è una figura chiave della scena urban italiana. Produttore, talent scout, mente creativa e imprenditore.

Da lui sono nati alcuni dei progetti più influenti del genere, ha saputo fondere il rap con sonorità sempre nuove, tracciando un percorso in costante evoluzione. Ora, per la prima volta, si presenta sul palco di Sanremo insieme con GUÉ, JOSHUA, TORMENTO con La Mia Parola, brano che anticipa il suo prossimo album, a distanza di quasi 15 anni da “Thori e Rocce”.

Il Festival diventa così l’occasione perfetta per mettere in dialogo generazioni e stili diversi: nella serata dei duetti, con Neffa, renderà omaggio alla storia dell’urban italiano reinterpretando Amor de mi vida dei Sottotono e Aspettando il sole, classico dello stesso Neffa.

A poche ore dal suo debutto sanremese, abbiamo incontrato Shablo per parlare di radici, innovazione e della nuova direzione musicale che lo attende.

L’INTERVISTA 

Come nasce l’idea del brano che porterai a Sanremo?

Tutto è partito da una notte in Toscana. C’era questo pezzo che mi girava in testa, in realtà era solo il ritornello di Joshua, e quella notte ho avuto la certezza che fosse il singolo giusto per il progetto. Il giorno dopo, avevo un pranzo con Carlo e gli ho detto: “Secondo me questa è molto forte per Sanremo”. Da lì ci siamo chiesti con chi andare a Sanremo.

E chi è stato il primo nome a cui avete pensato?

Il primo nome che ci è venuto in mente è stato Guè, perché oltre a essere uno degli artisti con cui collaboriamo più spesso, siamo anche amici. In quel momento lui era in Giappone, saranno state le tre di notte lì. Appena si è svegliato lo abbiamo chiamato e gli abbiamo proposto il pezzo. Guè, come sempre, ha chiesto subito dove fosse la fregatura, ma poi ha accettato al volo.

E poi come si è composto il puzzle?

Shablo: Dopo Guè è arrivato Tormento, poi il pezzo è stato sottoposto a Carlo, che ha subito colto il potenziale. Ricordo che gli abbiamo fatto sentire solo il ritornello e ci ha risposto entusiasta.

Per la serata delle cover hai scelto Neffa. Come mai?

Shablo: Neffa è un artista con cui sono cresciuto. Per me era un sogno portarlo su quel palco. È uno che non cambia un pezzo da trent’anni, e questa coerenza è incredibile. Quando abbiamo provato la cover, c’è stata un’emozione generale.

Oltre a Sanremo, c’è un progetto più ampio dietro questa partecipazione?

Shablo: Assolutamente sì. Sanremo è solo l’inizio. Il manager che va in gara può sembrare strano, ma prima di tutto io sono un produttore e ho sempre fatto musica. Questo sarà il primo singolo di un nuovo disco su cui stiamo lavorando da tempo. In più, con Jacopo (Jacopo Pesce; ndr) abbiamo deciso di lanciare una nuova realtà musicale, Oyster Music, un’etichetta che nasce dal desiderio di fare musica senza essere schiavi del mercato.

Quanto è cambiata la musica urban in Italia rispetto ai tuoi inizi?

Shablo: Tantissimo. Quando abbiamo iniziato noi, l’urban non esisteva nelle classifiche, non c’era un vero mercato. Poi, dal 2016 in poi, con artisti come Sfera Ebbasta, è esploso tutto. Oggi, per certi versi, si è passati da un estremo all’altro, al punto che il mercato sembra congestionato.

Quale pensi sia la sfida per la nuova generazione di artisti?

Shablo: La sfida è riscoprire le radici della musica. Quando ero adolescente, passavo ore a cercare i campionamenti, a scoprire la musica degli anni ’60 e ’70. Oggi questa ricerca si è un po’ persa. Credo che sia importante che gli artisti si prendano il tempo per esplorare il passato, per riportare un suono autentico e originale. Non si può fare musica solo per inseguire la tendenza del momento.

Se dovessi andare a cena mi sentirei molto più affine nei discorsi e nel feeling con Brunori piuttosto che con i giovani trapper.
Anche se noi due abbiamo gusti musicali diversi riconosciamo la stessa passione per la musica di qualità. 

Oyster Music sarà uno spazio per questo tipo di ricerca?

Shablo: Sì, vogliamo che Oyster Music sia una casa per chi vuole fare musica senza compromessi. Vogliamo lavorare con talenti veri e dare spazio alla creatività. La nostra esperienza ci ha insegnato che i progetti migliori nascono quando ci si diverte e si segue la passione, senza farsi condizionare troppo dalle dinamiche di mercato.

Guè: Sono molto felice di poter presentare la nascita di Oyster Music. Sarà la nostra nuova casa, una fabbrica di idee, di arte, dove cercheremo di mettere di mettere in primo piano l’autenticità, la libertà di espressione, la cultura hip-hop e soprattutto la musica che sono cose che nell’ultimo periodo sono state messe in secondo piano specialmente nel nostro ambiente.

I miei nuovi progetti, i miei nuovi album, i miei progetti paralleli che siano mixtape o in joint con altri artisti usciranno tutti per Oyster Music in un accordo esclusivo con Universal.

La cosa che mi eccita di più è oltre ai miei progetti personali, è anche quello di poter lavorare con altri artisti, quindi sicuramente pubblicheremo progetti di altri artisti, nuovi talenti o talenti già sulla piazza con cui avremo il piacere di lavorare. Il primo disco ufficialmente in uscita è quello di Shablo. Sono molto contento di uscire con questo progetto, ispirato alla cultura black con influenze di ogni tipo, soul, funk, hip-hop con un sacco di ospiti.

Tre generazioni di artisti urban sul palco di Sanremo insieme. È la chiusura di un cerchio?

Shablo: In un certo senso sì, ma è anche l’apertura di un nuovo ciclo. Tormento ha ispirato me e Guè, e oggi Joshua rappresenta la nuova generazione, la seconda generazione di artisti urban. Vedere questa continuità è una cosa bellissima. E Sanremo è solo l’inizio.

WEB & SOCIAL 

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