Recensione: FRANCESCO GUCCINI – “Canzoni da osteria” [Traccia per traccia]

Recensione: FRANCESCO GUCCINI – “Canzoni da osteria” [Traccia per traccia]

Secondo capitolo delle compilazioni e re-interpretazioni di Francesco Guccini. Dopo “Canzoni da intorto” eccolo tornare con “Canzoni da osteria”. 

Guccini è un collezionista di canzoni e fa playlist con le canzoni che hanno accompagna la sua storia, il suo immaginario, i suoi ricordi e il suo cuore.

“Canzoni da osteria” è una raccolta di canti popolari selezionati dal Maestro, veri e propri gioielli del repertorio nazionale e internazionale rivisitati in chiave strettamente personale.

Un viaggio sonoro lungo 14 tracce tra cultura, tradizioni nascoste e storia, che ha come punto di partenza l’inno italiano della Resistenza Bella ciao, prosegue in Sud America con Jacinto Chiclana, El caballo negro, La chacarera del 55 e Sur, fino a cantare dell’amore in ogni sua forma con Amore dove sei, Maria la guerza e La tieta; non mancano le tradizionali Il canto dei battipali in veneto, La maduneina dal Baurgh ‘d San Pir in bolognese, Hava nagila in ebraico, la nostalgica The last thing on my mind e il folk americano in Cotton fields; a chiudere il disco tra il greco e l’italiano, il brano bilingue 21 aprile.

L’ennesimo disco-didattico, pieno di “canzoni utili” come sono state definite dallo stesso Guccini, indispensabile per non perdere la memoria, la tradizione e la semplicità di un tempo che ormai sta sparendo troppo velocemente. 

TRACCIA PER TRACCIA 

1.      Bella ciao

Un suggestivo preludio slow di fisarmonica ripropone l’inconfondibile ritornello di Bella ciao, il più importante canto popolare italiano dedicato alla Resistenza italiana. L’incalzante ritmo della batteria in crescendo, il vorticoso dialogo dei fiati e la voce di Francesco Guccini donano a poco a poco vitalità e passione alla traccia d’apertura di Canzoni da osteria che per scelta del Maestro di Pavana, vuole essere un importante omaggio alle donne persiane.

2.      Jacinto Chiclana di Astor Piazzolla e Jorge Luis Borges

Il secondo brano della raccolta è una milonga, danza popolare uruguaiana, dedicata per l’appunto a Jacinto Chiclana, guapo della mala della vecchia Buenos Aires. Con un ritmato e incisivo intervento del pianoforte, le note incalzanti della fisarmonica dialogano con gli archi, accompagnando la voce del Maestro in un coinvolgente racconto delle gesta di guappi, malevi e cuchilleros e delle loro sfide a coltello alla conquista dell’onore.

3.      Amore dove sei di Giorgio Laneve e Marcello Minerbi

Portata al successo nel 1970 dall’ingegnere milanese Giorgio Laneve e da Marcello Minerbi, Amore dove sei è una malinconica e meditativa canzone d’amore, riproposta ora da Francesco Guccini in versione folk pop. Sonorità klezmer dominate dal ritmo incalzante della batteria e giocosi interventi di chitarra e tromba, donano un tocco etnico e coinvolgente a questa intensa riflessione su un amore ormai assente e irraggiungibile, A che serve il pensiero di cui tanto vado fiero // Se non ti può raggiungere dovunque tu sia // Se non ti può legare all’anima mia?

4.      Maria la guerza (Mari la guerza) elaborazione di Quinto Ferrari

Maria la guerza è un allegro valzer in tre quarti che, attraverso variopinti vocaboli in dialetto bolognese, racconta la storia d’amore dal finale tragico di Marì: un marito, geloso perché la moglie si era recata a consumare bevande alcoliche con un vicino, improvvisamente inferocito, “Scanna Marì la guerza e la manda al gabariòt”. Ovvio che, chi veniva imprigionato dentro “al gabariot”, avesse una vita breve: “andèr al gabariòt” è entrato nell’uso come sinonimo di “andare al cimitero, morire” – racconta Francesco Guccini.

5.      El caballo negro (Yo quiero un caballo negro) di Atahualpa Yupanqui (Hector Roberto Chavero) e Pablo Del Cerro (Antonietta Paula Pepin)

Accompagnata dal tradizionale e incalzante arpeggio argentino della chitarra, El caballo negro è la storia di un uomo che desidera fortemente un cavallo nero per viaggiare attraverso la sua terra, scoprendo nuovi luoghi e vivendo nuove avventure. Il brano cattura appieno l’essenza della musica tradizionale sudamericana, omaggiando a 360° la cultura e la tradizione argentina.

6.      La tieta di Juan Manuel Serrat Teresa

La tieta, brano scritto in catalano dal cantante Juan Manuel Serrat Teresa e tradotta in italiano da Paolo Limiti per Mina, è una dedica d’amore e gratitudine per una anziana zia zitella e per la sua vita solitaria, modesta e triste. Riproposta qui in chiave più malinconica e ballabile, La tieta era già stata tradotta in dialetto emiliano da Francesco Guccini nell’album Ritratti del 2004, “L’unica maniera che, secondo me, mi dava la possibilità di mantenere le sillabe tronche catalane e di rispettare fedelmente il contenuto” – spiega.

7.      Il canto dei battipali

I battipali, operai veneti provenienti dalla laguna di Venezia, utilizzavano questo canto di lavoro all’unisono per scandire il ritmo e alleggerire la fatica. “Una sera lo cantammo a lungo, simulando l’abbattersi del maglio con grandi manate sul tavolo, colpi che facevano sobbalzare bottiglie e bicchieri” – ricorda Francesco Guccini.

8.      Hava Nagila di Idelsohn Abraham Zwi

Canzone popolare ebraica, Hava nagila fu composta dal musicologo Idelsohn Abraham Zwi nel 1918 per celebrare la vittoria degli inglesi in Palestina alla fine della Prima guerra mondiale. Caratterizzata da una melodia allegra e coinvolgente, è un invito a festeggiare, ad essere uniti in nome della gioia e della celebrazione. “Questa canzone è dedicata al vecchio amico Elisha che, dopo tanti anni, ha sentito il bisogno di ricordare, con evidente nostalgia, il periodo trascorso a Bologna e i vecchi amici dell’Osteria delle Dame” – racconta Francesco Guccini.

9.      The last thing on my mind di Thomas Paxton

The last thing on my mind, scritta nel 1964 da Tom Paxton, è la dolce e nostalgica ballad country blues che Francesco Guccini imparò dall’amico Lou Gottlie. Protagonista di questa rivisitazione gucciniana è la chitarra acustica che, su semplici accordi in loop, ci trasporta tra le magiche atmosfere rurali tipiche degli anni ‘60.

10. La chacarera del 55 (con Flaco Biondini) (Chacarera del cincuenta y cinco) di Rafael Nunez e Jose Antonio Nunez

Con La chacarera del 55 il Maestro di Pavana si diletta in una “chacarera”, danza tradizionale del nord ovest dell’Argentina dall’andamento in levare. Questa volta, in lingua argentina, si narra di un vecchio locale di San Miguel di Tucumàn, “Al 55” dove erano soliti trascorrere nottate intere curiosi personaggi dalle storie affascinanti che, tra chiacchiere, brindisi e chitarre, aspettavano l’alba.

11. La maduneina dal Baurgh ‘d San Pir (Maduneina dal bourg San Pir) di Quinto Ferrari

Nostalgico e sentimentale, La maduneina dal Baurgh ‘d San Pir (“La madonnina di Borgo San Pietro”) è un canto in dialetto bolognese scritto ed estratto dal repertorio del tipografo Quinto Ferrari, dedicato alla Beata Vergine del Soccorso, protettrice degli abitanti del Borgo San Piero dalla peste, ma negli anni motivo di guerriglia tra il Borgo e il quartiere Pratello, dove la maduneina veniva portata 30 giorni dopo la Pasqua per sole 30 ore, in occasione di una grande festa. “Questa canzone rammenta con una melodia tenera e malinconica quella vecchia Bologna ormai scomparsa, in un’epoca in cui la modernità ha cancellato quel modo apparentemente semplice, in realtà articolato e complesso, di vivere” – ricorda Francesco Guccini.

12. Cotton fields di Huddie Ledbetter

La traccia numero 12 di Canzoni da osteria è Cotton fields, canto tradizionale del folk americano che racconta la dura vita dei lavoratori nei campi di cotone nel profondo sud degli Stati Uniti. Ad introdurre gli arpeggi country rock del banjo e il ritmo incalzante guidato dal battito di mani, una solenne intro corale a cappella.  

13. Sur di Homero Nicolas Manzione e Anibal Carmelo Troilo

Sur è un malinconico tango, scritto dal musicista Anibal Carmelo Troilo e dal poeta Homero Nicolas Manzione. Una poesia d’amore scritta in ricordo di una donna amata ormai persa, che attraverso una melodia ad un tempo malinconica e passionale, ci trasporta con leggerezza tra le atmosfere anni ‘50 della vecchia Buenos Aires, culla di ritmi dissonanti e armonie complesse, proprio come le anime di chi vi abita.

14. 21 aprile di Alexandros Devetzoglou

Chiude Canzoni da osteria 21 aprile, importante brano scritto dall’amico Alexandros Devetzoglou per raccontare e far vivere nella memoria il violento colpo di stato dei colonnelli greci del 21 aprile 1967. “La cantava in greco e in italiano, così l’ho cantata anch’io, col titolo di ‘21 aprile’” – racconta il Maestro, che propone qui il brano proprio nella versione bilingue.

SCORE: 7,00

DA ASCOLTARE SUBITO

Bella ciao –  Jacinto Chiclana – 21 aprile

DA SKIPPARE SUBITO

Mi ripeto…non si skippa il Maestro! 

DISCOGRAFIA

1967 – Folk beat n. 1
1970 – Due anni dopo
1970 – L’isola non trovata
1972 – Radici
1974 – Stanze di vita quotidiana
1976 – Via Paolo Fabbri 43
1978 – Amerigo
1981 – Metropolis
1983 – Guccini
1987 – Signora Bovary
1990 – Quello che non…
1993 – Parnassius Guccinii
1996 – D’amore di morte e di altre sciocchezze
2000 – Stagioni
2004 – Ritratti
2012 – L’ultima Thule
2022 – Canzoni da intorto
2023 – Canzoni da osteria

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