Damiano lo aveva anticipato: “Funny Little Fears” non è – e non vuole essere – un disco per chi cerca i Måneskin in formato ridotto.
Dimenticate il glam, il rock da stadio, i riff urlati e la sensualità plastificata. Questo esordio solista è, piuttosto, un atto di sottrazione, un esercizio di vulnerabilità calibrata, che mette a nudo un’identità in bilico tra confessione e costruzione narrativa.
“Funny Little Fears”è un compendio di 14 brani che si configurano come frammenti di un diario emotivo – definizione che Damiano stesso ha rivendicato – pensati per disinnescare automatismi e scardinare il personaggio. Il risultato? Un viaggio teatrale dentro una dimensione pop più intima che ribelle, più malinconica che provocatoria.
Il prologo, affidato a Voices, già singolo, è una partenza rassicurante: midtempo radiofonico, dalle movenze catchy e levigate, che però non tradisce la complessità del resto. È un’apertura educata, quasi un diversivo, prima dell’affondo emotivo. Già con Next Summer si scivola in atmosfere post-adolescenziali à la YUNGBLUD – ma con le spigolosità smussate, il tono più nostalgico che abrasivo.
Zombie Lady gioca con l’elettropop e i synth ottantiani, ma resta un episodio decorativo, più stilistico che sostanziale. Il disco prende corpo, piuttosto, nei momenti in cui Damiano smette di cercare il sound e inizia a cercare sé stesso: Bruise, duetto con Suki Waterhouse, è una ballata sussurrata, delicatamente scorticata, dove la voce si fa carezza e frattura.
A seguire Sick Of Myself, forse uno dei picchi espressivi del disco, è una confessione sghemba, scritta con la penna dell’inquietudine e intonata con un filo di voce disarmata.
Quando il tono si fa più scanzonato, però, il disco perde un po’ di coerenza. Angel è un brano pop gradevole, ben fatto e con una melodia ricercata ma ha il difetto di ricordare un ibrido tra i Maroon 5 e i Fool’s Garden che una reale urgenza autorale. Tango, che pur nella sua estetica levigata restituisce una personalità pop contemporanea quasi luccicante, e Born With a Broken Heart, dove l’elettronica si riaffaccia senza sopraffare.
Tangerine è una cartolina retrò: sapore anni Sessanta, chitarrine languide, suggestioni quasi da danza hawaiane alla Elvis.
In questa leggerezza dal retrogusto vintage, Damiano sembra per un attimo dimenticarsi di dover dimostrare qualcosa. E funziona. Più altalenante è la triade successiva – Mars, The First Time, Perfect Line – dove l’oscillazione tra pop sintetico e posture rock mostra qualche incertezza d’identità, pur restando nel solco di un ascolto coerente.
Il finale è risolutivo. Silverlines, prodotta da Labrinth, è un brano cinematografico, stratificato, moderno, forse il più compiuto del disco: qui Damiano si ricompone, tenendo insieme le sue anime – quella del performer e quella dell’autore – in un unico gesto stilistico. Chiude Solitudine, ultimo tassello intimo e spoglio, sussurrato come una resa.
In definitiva, “Funny Little Fears” non è il disco di un trasformista, ma quello di un artista internazionale che segue le regole del mercato globale e che sta provando a capire quale pelle indossare senza più recitare. E il rischio è evidente: disorientare i fan più affezionati al cliché del frontman animalesco, abituati alla teatralità esibita e ai muscoli dell’eccesso.
Ma è proprio nell’aver abbandonato le urla e le pose che Damiano trova, paradossalmente, una nuova presenza scenica. Più vera, più fragile, forse più interessante, forse …
DA ASCOLTARE SUBITO
Voices – Angel – Sick Of Myself
DA SKIPPARE SUBITO
Il disco si lascia ascoltare. A dose moderate va bene!
SCORE: 6,50
VOICES – Voto 7,00
NEXT SUMMER – Voto 6,50
ZOMBIE LADY – Voto 6,50
THE BRUISE feat. Suki Waterhouse – Voto 6,75
SICK OF MYSELF – Voto 6,75
ANGEL – Voto 7,00
TANGO Voto 6,50
BORN WITH A BROKEN HEART Voto 6,50
TANGERINE feat. D4vd – Voto 6,50
MARS – Voto 6,50
THE FIRST TIME – Voto 6,75
PERFECT LIFE Voto 6,75
SILVERLINES – Voto 6,75
SOLITUDE (No One Understands Me)