Recensione concerto – NOTHING BUT THIEVES, BLACK KEYS e LIAM GALLAGHER: il rock e le sue sfumature

Recensione concerto – NOTHING BUT THIEVES, BLACK KEYS e LIAM GALLAGHER: il rock e le sue sfumature

Dopo il tuffo nella urban music proposto la sera precedente con il concerto di Travis Scott gli I-days Coca Cola Milano riaprono le porte al rock per una triplice esibizione che inizia con i NOTHING BUT THIEVES e prosegue con i due co healiner BLACK KEYS e LIAM GALLAGHER (usciti in quest’ordine con un set della medesima lunghezza)

La pioggia che aveva bagnato gli 80.000 del giorno precedente ha abbandonato Milano e il sole durante il giorno ha scaldato i circa 27.000 in attesa di una maratona rock iniziata alle 18,00 e conclusasi alle 23,15. Un po’ più dell’oretta del concerto di Scott.

Sul palco sono salite tre concezioni diverse del rock: l’indie/alternative dei Nothing But Thieves (NBT), il sanguigno e potente rock sporcato di blues dei Black Keys (BK) e il brit pop di Liam Gallagher (LG). Tre sfumature (e concezioni) musicali diverse ma accomunate dai suoni delle chitarre e legate dall’energia del rock.

NOTHING BUT THIEVES

Già visti a Milano ad aprile 2022 (fu il primo concerto post covid in un club) i Nothing But Thieves tornano in un contesto diverso e in un ruolo più difficile: quello di “opener” in una giornata di un festival, compito non certo facile ma che la band inglese, reduce poche ore prima dall’uscita del nuovo disco “Dead Club City”, ha saputo assolvere egregiamente. Sole alto, caldo (ma non eccessivo), gente che entra e prende posizione, amici da incontrare, chiacchiere da terminare ma soprattutto il non essere lì per loro non sono le condizioni ideali per fare il proprio set che, vista la brevità dell’esecuzione, richiede una rapida esposizione della propria mercanzia. Nelle condizioni orarie non esiste nemmeno l’apporto coreografico dell’impianto luci ma solo il supporto delle immagini video. Eppure nonostante queste difficoltà, la band è riuscita a catturare l’attenzione di una parte del pubblico che li ha scoperti e li ha apprezzati seguendo con passione la loro esibizione. Pubblico che magari andrà ad ingrossare le fila dei loro fan. Bravi.

Score: 7,00

BLACK KEYS

Giusto il tempo per un pit stop idraulico, qualcosa da mangiare e una birra da bere (pagabile con token con tutto quello – in negativo – che ciò comporta) ancora qualche ingresso che va a completare le circa 27.000 presenze ed arriva alle 19 il momento dei Black Keys. All’originale duo composto da Dan Auerbach (chitarra, voce) e Patrick Carney (batteria, percussioni), si aggiunge una serie di musicisti che collaborano con loro: Andy Gabbard – chitarra, Zach Gabbard – basso, Ray Jacildo – tastiere. Chris St. Hilaire – percussioni.

I BK tornano in Europa a otto anni di distanza dalla loro ultima apparizione, quindi l’attesa e l’attenzione erano palpabili. Già il pubblico si fa molto più attento, più “presente” per loro e li accoglie con calore a cui i BK rispondono con la loro musica sanguigna, rumorosa, concreta e solida, quanto essenziale. Per suono e stile ci si tuffa direttamente negli anni 70, uno stile che, proprio in quel decennio ha vissuto la sua stagione d’oro, unisce con una moderna concezione il rock “tradizionale” con il blues, in quel suono che bussa alle porte dell’hard rock (quello di derivazione e matrice blues, anch’esso identitario dei ’70). Le chitarre suonano forti, gli assoli si susseguono senza virtuosismi ma sostanziali e la band macina musica con molta dinamicità. Si passa da brani più duri, a ballate più strutturate, con dei bei crescendo per arrivare con le loro hit dai ritornelli fulminanti a sfiorare quasi il pop e ad addolcirsi nell’acustico.

Dan Auerbach e Patrick Carney(entrambi ultra quarantenni) mettono in scena un concerto di grande efficacia, coinvolgono il pubblico che instancabilmente partecipa battendo le mani con le braccia alzate seguendo il ritmo, cantando sui loro successi, accolti da applausi e urla di approvazione, ballando (perché si può fare anche questo) o comunque dando mostra di partecipazione e gradimento. Loro, essenziali, puliti, senza fronzoli regalano con passione la loro musica calda e rumorosa quanto basta. Dopo circa 70 minuti, quando finiscono (con un “ci rivedremo”) si ha la sensazione di non averne avuto ancora abbastanza. Ottimi

Score: 7,50

LIAM GALLAGHER

Mentre cala la sera sul palco e sull’ippodromo La Maura (la location più ampia di Milano) si sta preparando tutto quello che serve per l’esibizione dell’altro headliner della serata: Liam Gallagher che alle 22,00, introdotto dall’inno del Manchester Calcio e dalla base di “Fuckin’ in the Bush” del repertorio Oasis, sale sul palco con l’ovazione del pubblico. Dalla reazione sembrerebbe lui il vero headliner della serata.

LG era già stato ospite nel 2018 degli I Days (allora nell’ex area expo di Milano) e anche allora come oggi si ha la netta sensazione che non gli sia possibile scollarsi da quello che è stato il suo glorioso passato, protagonista di quel bel pezzo di storia del rock che sono stati gli Oasis, band che ha marchiato gli anni ’90 codificandone un suono e uno stile che ha dato vita a tante band di buona qualità.

LG è inevitabilmente legato all’allora. Lo è sin dal modo di stare sul palco. Parka d’ordinanza, bermuda, immancabili (quanto poco utili) maracas e tamburello in mano, solito modo di approcciarsi al microfono, tutti elementi tipici del suo trademark, inconfondibili e che il pubblico si aspetta da lui. Liam così resta in bilico tra Oasis e se stesso, equilibrio che porta anche sul palco dove si divide tra il mondo Oasis e le sue composizioni che arrivano da tre album (l’ultimo “C’Mon You Know” pubblicato nel 2022).

L’inizio è furbamente (quanto inevitabilmente) appannaggio del repertorio Oasis, con due classiconi della band. Ad accompagnarlo una nutrita schiera di musicisti che crea un compatto muro sonoro in cui ancora una volta nella giornata, è la chitarra a farla da padrona. È un suono diverso, rispetto ai due gruppi che lo hanno preceduto, qui c’è quella sostanza tipica dei ’90, più “scintillante” meno potente ma non per questo cesellato. È interessante questo percorso chitarristico mostrato dalle tre band.

Per il resto del concerto LG salta tra il suo repertorio e quello della band, provocando reazioni diverse tra il pubblico, molto più appassionato quando si punta al passato, un po’ più tiepido quando le composizioni arrivano dalla sua produzione solista. Da segnalare una bellissima versione di “Stand By Me”, molto apprezzata dal pubblico che la canta in maniera corale con Liam che lascia la palla ai presenti

L’apoteosi arriva sul finale quando chiude il concerto con un trittico degli Oasis: “Cigarettes & Alcohol”, “Wonderwall ” e la conclusiva “Champagne Supernova”. È su “Wonderwall”, inno generazionale che scatta il trionfo. La gente canta a squarciagola (come già fatto in “Stand By Me”, nel pit si accendono i fumogeni rossi, quelli da stadio, si sventola una maglietta nr 10 del Mancester con scritto Gallagher, bandiere Union Jack, cartelli con dichiarazioni d’amore, insomma è una bolgia tra il pubblico.

Quando LG punta sul passato il riscontro è immediato, sul suo repertorio un po’ meno anche se il gruppo che lo accompagna tende ad uniformare dal punto di vista sonoro le due fasi. Il “problema” resta il fatto che è la storia a fare la differenza. È anche la voglia di farsi coccolare da qualcosa di noto, di introiettato, di metabolizzato, qualcosa che ha passato lo strato dell’epidermide entrando nella carne.

Resta comunque il fatto che LG non brilla per empatia, non riesce a trasmettere un’immagine di simpatia e anche quando comunica verbalmente (poco) lo fa a modo suo, secco, quasi scostante. La sua immagina è carismatica ma non certo per la sua simpatia e non riesce a “bucare”. Appare scostante, scocciato, apparentemente sembra comunicare di aver voglia di essere da tutt’altra parte piuttosto che lì e di esserci per fare un “compitino” senza passione. O forse tutto fa parte del “personaggio”  … e anche questo è motivo del successo.

Score 6,50

Recensione di Luca Trambusti per musicadalpalco.com (Clicca per leggere l’intero articolo)

IL FESTIVAL 

2 luglio i RED HOT CHILI PEPPERS
15 luglio gli ARCTIC MONKEYS |THE HIVES |WILLIE J HEALEY.

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