MASSIMO ZAMBONI “P.P.P. Profezia è Predire il Presente” il racconto del disco

“P.P.P. Profezia è Predire il Presente” è il nuovo album di Massimo Zamboni. Più che un disco, un’opera letteraria trasposta in musica. Più che canzoni, capitoli che ripercorrono e ricostruiscono una storia unica e controversa, preziosa e drammatica.
Un disco molteplice e ricco di sfaccettature, così come lo sono l’anima e il pensiero di Pier Paolo Pasolini, a cui è dedicato nel cinquantesimo anniversario della sua uccisione. Un album pervaso da quel dolore civico profondo che ha accompagnato incessantemente il percorso di Pasolini come uomo e come intellettuale, capace di profetizzare la trasformazione drammatica e lacerante dell’Italia.
Nato dall’omonimo progetto di reading-concerto, che alterna canzoni a letture tratte dalle opere di Pasolini e a testi scritti dallo stesso Zamboni, “P.P.P. Profezia è Predire il Presente” si compone di tredici tracce. Un viaggio sonoro che include canti popolari, un omaggio a Giovanna Marini, brani estratti dal lungo percorso musicale di Zamboni e tre inediti (“La rabbia e l’hashish”, “Cantico cristiano” e “Tu muori”). Il disco accompagna l’ascoltatore lungo un tragitto sempre più oscuro, quasi desolato, seguendo il pensiero e la fine del pensare di Pasolini.
Un Pasolini multiforme, inafferrabile, che ha affrontato inimicizie insanabili, disumane, e un isolamento feroce altrettanto. Eppure, ancora oggi, a 50 anni dalla sua uccisione, non possiamo prescindere dalla sua intelligenza, da quel suo sguardo che taglia come un laser ed è capace di offrire squarci di una compassione profondissima”, racconta Zamboni.
La narrazione musicale prende le mosse dal Friuli natale di Pasolini, dalla lingua che lo scrittore ha difeso come elemento di identità contro la modernità omologante, per poi attraversare lo sgomento per la cecità collettiva, l’illusione della capacità rigenerativa di un popolo ormai dissolto, fino all’entusiasmo per la rivoluzione portoghese, uno degli ultimi barlumi di speranza per l’Europa. Ma poi il declino, il crollo, il restringersi degli orizzonti. L’innamoramento per la sconfitta, fino a quella notte del 2 novembre 1975, quando Ostia si fa luogo di un epilogo violento e definitivo.
Ciò che tanti volevano vedere schiantare era una voce fuori dal coro, una presenza ingombrante, una coscienza scomoda. Ma il pensiero di Pasolini, nonostante i tentativi di ridurlo, impoverirlo, semplificarlo, resiste ancora oggi, più vivo e necessario che mai.
IL RACCONTO DEL DISCO
Il disco si apre con E jo çanti, una tradizionale villotta friulana recitata da Carlotta Del Bianco, tratta dal Canzoniere Italiano, la poesia dell’altra Italia a cura di Pasolini: una dichiarazione di amore per un esprimersi popolare che ha già un piede nell’estinzione.
Lo segue un solenne e potente inedito, tra recitato e melodia: La rabbia e l’hashish, segnale di uno sgomento non solo pasoliniano per l’annebbiamento collettivo che ci ha condotti alla disastrosa situazione odierna. Un canto di dolore per un Paese bellissimo e depredato, spogliato e pianto, seppellito ancora in vita.
Canto degli sciagurati èil canto dell’insurrezione di quel “popolo cane” suscitato da Pasolini, feroce, vitale, arcaico, sempre vinto, mai sconfitto. Una ballata popolare cadenzata da un coro a due voci che dà voce a una istanza prepolitica, disorganizzata e compulsiva.
Ora ancoraè una risposta in musica a un comizio del 1954, quando in una Roma silenziosa Pasolini incontra un corteo nel cui mezzo brilla “la fiammella fascista”. Come allora, ci si interroga sul restare o sull’andarsene una volta per tutte. Vince il radicamento, ma esprimendo tutta la fatica e l’asprezza a cui questo Paese obbliga i suoi cittadini.
Grandola vila morenadi Josè Afonso è invece l’inno del 25 aprile portoghese, ossia la rivoluzione dei garofani del 1974, una marcia con chitarra acustica e fisarmonica che venne trasmessa alla mezzanotte del 24 aprile da Radio Renascença di Lisbona come segnale convenuto per l’insurrezione di un esercito per una volta schierato dalla parte del popolo. Quando con la caduta della dittatura di Salazar sembrava che la vecchia e marcescente Europa dei regimi autoritari stesse definitivamente tramontando. Previsione entusiasmante, e quanto mai errata.
Vorremmo esserci canta il bisogno di essere presenti e sentirci utili, di partecipare in prima persona alla costruzione del domani. Condotti da letture allucinate, come gli Scritti corsari di Pasolini, su strade provinciali, negli amori degli altri, come esuli spaziali, nelle felicità e soprattutto nei guai collettivi.
Sorella Sconfitta, la canzone con cui Zamboni ha riavviato la sua vita musicale subito dopo la chiusura con CSI, forse il brano di maggior contatto con la poetica pasoliniana. Una canzone che riflette sul valore della sconfitta come comune denominatore tra gli esseri umani. Il punto da cui rialzarsi, lo stimolo per un umanesimo che il mondo nuovo vorrebbe cancellare tra deliri scientisti e meccanicismi della tecnica vittoriosa.
Fermamente collettivamenterispolvera una parola desueta: compagni, o forse “compagni non compagni, ombre di compagni” come scriveva Pasolini; la consapevolezza della caduta, dove tutto ciò che era nostro sembra ritrarsi.
E poi Cantico cristiano, brano inedito espressamente dedicato a Pasolini in cui, tra arpeggi di chitarra in forma di spiritual delicato e malinconico, affiorano le tematiche del suo Vangelo secondo Matteo.
Spazio a seguire alla fusione di due grandi canzoni di Giovanna Marini,Lamento per la morte di PasolinieBeati noi, tratte dal suo album I treni per Reggio Calabria.
Un lamento funebre e popolare, un rintoccare di ora in ora sempre più funesto, sempre più gonfio della sua scomparsa che si scandisce ancora maggiormente in Tu muori, terzo e ultimo inedito dell’album. Una canzone dallo sguardo chirurgico e gelido, che batte i minuti subito dopo lo schianto, al principio dello scomparire. Una freddezza clinica e insostenibile che esplode nella reprise del Lamento per la morte di Pasolini, dove si deve constatare che ora egli non può più parlare.
Infine, Persona non grata: la narrazione è conclusa, la persona non grata non esiste più, e ci lascia con un ultimo avvertimento: “Siamo tutti in pericolo”. Queste sono le ultime parole pubbliche di Pasolini, una profezia inascoltata e pregiudicata, temuta e ridotta alla completa solitudine. Che le chitarre urlino.
I FORMATI
Un’opera che si presenta in un formato speciale: un CD con digipack in formato DVD, corredato da un libretto di 32 pagine, disponibile nei punti vendita autorizzati, sul sito di Egea e su quello dell’Associazione Culturale Rizosfera, dove è possibile ottenere anche un link privato per l’ascolto in streaming.