Live Report: Lauryn Hill
Parma, 22 giugno 2018

Live Report: Lauryn Hill <br> Parma, 22 giugno 2018

Parma, Capitale Italiana della Cultura 2020, sfoggia, già due anni prima, tutta la bellezza musicale possibile inaugurando una nuova manifestazione di carattere internazionale nella meravigliosa location del Parco della Cittadella. Il Maestro Ennio Morricone ha aperto la kermesse, Apparat, 2manydjs e Digitalism, alfieri del clubbing mondiale, l’hanno chiusa. Nel mezzo, la bellezza di Ms. Lauryn Hill.

Il concerto di Lauryn Hill al Cittadella Music Festival anticipa la lunga serie di show previsti in tutto il mondo per celebrare i vent’anni di “The Miseducation of Lauryn Hill”, l’album che con oltre 19 milioni di copie vendute l’ha consacrata come una delle regine della black music. Grazie a quell’album, l’unico da solista dopo gli anni di L. Boogie nei The Fugees, l’artista è diventata la prima donna a ottenere cinque Grammy Awards in una sola serata, nel 1999, record poi eguagliato solo da altre quattro artiste – Alicia Keys (2002), Norah Jones (2003), Beyoncé (2004) e Amy Winehouse (2008) – e infine battuto nel 2010 da Beyoncé, che ne ha vinti 6, ed eguagliato nel 2012 da Adele.

Mettetevi nei panni di uno che parte da Bologna, il 22 di giugno alle 18 del pomeriggio. Metteteci anche la fama che un po’ precede Lauryn Hill, quella del caratteraccio, quella delle ore d’attesa, quella del fare da diva. Poi però azzerate i preconcetti che erroneamente sto trasmettendo e nel momento di poco successivo all’ingresso nella Cittadella che è coinciso con l’uscita sul palco del DJ dell’artista, provate a vivere quello che le 5000 anime presenti quella sera hanno vissuto: una preparazione allo show (con solo hit hip hop anni ’90 e urla di incitamento al suono di “Parma, are you ready?”) degna di una delle migliori dance hall ascoltate negli ultimi anni e all’improvviso un vestito bianco mosso dal vento, un cappello nero, occhiali grandi, una scarica di energia trasfusa in un decimo di secondo alla platea che, nel frattempo, ha mandato a cagare la sedie attorno per riversarsi sotto il palco.

Di “The Miseducation of Lauryn Hill” appena cinque pezzi, a dimostrazione del fatto che quella del ventennale è stata forse una scusa per ritornare sui palchi del mondo, con una band dall’entusiasmo paragonabile a quello delle prime volte, degli esordi. Si susseguono “How many mics”, “Fu Gee La”, “Ready or not”, poi le cover di “Killing me softly with his song”, “Turn your lights down low” e “Can’t take my eyes off you”, fino a chiudere, tra gli altri, con “To Zion”, dedicato al primo dei cinque figli. Tutti suonati e interpretati con una forza magica, sì magica.

“Che bomba!”, continuava a ripetere la gente alla Cittadella. Gente che, a fine concerto, neanche si sarebbe mai aspettata il ritorno sul palco di Lauryn Hill, non per cantare ma solo per salutare, ringraziare e firmare autografi, per guardare in faccia i suoi sostenitori dell’altra parte del mondo.

Cosa dev’essere sapere che a migliaia di chilometri di distanza da te c’è gente che ascolta ancora i tuoi pezzi? Noi invece lo sappiamo che cos’è essere affascinati dalla musica pura di un’artista come lei. Che, porca puttana, non ne fanno più. Oh no, non ne fanno proprio più.

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