Intervista: MATTHEW LEE Il rock’n’roll è la sua musica

Intervista: MATTHEW LEE Il rock’n’roll è la sua musica

Con la sua verve, la sua energia e soprattutto la sua musica Matthew Lee arriva al Blue Note di Milano (prestigiosa location) per due concerti.

Il primo show, alle 20,30, è andato sold out in breve tempo, si è dovuto così aggiungere un secondo spettacolo (alle 23) che sta a sua volta viaggiando verso il sold out.

Matthew Lee (Matteo Orizi all’anagrafe di Pesaro dov’è nato nel 1982) non è un nome forse noto al grande pubblico, quello nazional popolare, o a quello delle radio, ma ha ugualmente un suo grande seguito, che si concretizza e misura proprio in occasione dei live. Pianisto di ottimo livello, autore, interprete e performer cattura l’attenzione con una rilettura moderna e fresca del rock’n’roll che diventa materia viva e attuale.

Instancabile nell’attività live dove regala al pubblico concerti vitali, divertenti e spettacolari e allo stesso tempo pieni di musica. Lo abbiamo incontrato alla vigilia dell’esibizione milanese per farci raccontare lo spettacolo, della sua musica e anche del suo singolo natalizio. “Shout Out Christmas”, uscito proprio il giorno prima del concerto e che verrà eseguito dal palco del Blue Note.

Che concerto sarà quello di Milano?

Sono molto entusiasta, anche per la risposta del pubblico: la data è stata annunciata in ritardo ma il pubblico ha risposto benissimo. In scaletta ci saranno tutte le canzoni che mi hanno caratterizzato da “È tempo d’altri tempi” (2014), sino a quelle di “Rock’n’Love” l’ultimo album uscito nel 2020, che dopo lo stop, sono tornato a promuovere. E poi ci sarà questo nuovo singolo di Natale, che si nutre di R’n’R, Gospel, Blues che è la musica che mi piace. E poi quello di Natale è il periodo dell’anno che preferisco.

Oltre alle tue composizioni ci sono poi le cover, omaggio ai grandi del Rock’n’Roll!

Più che altro è un omaggio allo stile pianistico del r’n’r. Sono brani più o meno famosi che voglio mischiare con le mie composizioni. D’altronde le cover poi non mancano nemmeno nella tradizione r’n’r: le facevano Jerry Lee Lewis ed Elvis Presley.

I tuoi concerti hanno anche una parte molto spettacolare, tu sei un performer coinvolgente. Qual è il tuo approccio ai live?

Essere considerato un performer è bello e importante ma non vorrei includere tutto lì: io sono anche un compositore e cantante. Mi piacerebbe essere recepito così, come succede all’estero. Vorrei andare oltre la parte teatrale. Sul palco mi trovo bene, ed ho sempre voglia di connettermi con il pubblico e ho anche le capacità di capirlo, intercettandone gli umori del momento mentre suono. Per questo faccio anche improvvisi cambi di scaletta decisi in basi all’energia del momento e il mio gruppo è bravissimo a seguirmi.

Riesci sempre a trasmettere felicità, gioia energia…

In “Rock ‘n’ love”, l’ultimo mio disco la parola “love” fa vedere il mio secondo lato, quello più intimo. Lo stesso succede con la scelta delle cover, che può magari essere anche di brani tristi. Certe cover ti hanno accompagnato nella vita e diventano tue, le scegli e le suoni anche in base alle tue sensazioni e ti sono vicine.

Affondi le radici nel rock’n’roll anni ‘50 però non hai un approccio nostalgico. Com’è possibile questa cosa?

Non sono nostalgico perché io non ho vissuto quegli anni, sono nato nell’82. È un periodo che ho conosciuto di riflesso attraverso i dischi di mio padre e che ho reinterpretato attraverso la mia esperienza. Mi piace riportare quel ritmo alle sonorità moderne, considerando tutto ciò che è venuto dopo il r’n’r.

Preferisci il palco o lo studio?

Preferisco il live perché c’è contatto diretto con il pubblico e un’energia che non hai in nessun’altra condizione. Dello stare in studio mi piace veder nascere le canzoni, cercarne le sonorità.

Ti piace cambiare le versioni live rispetto a quelle in studio?

È inevitabile che cambino perché ci sono altre dinamiche, c’è più energia e diventano più grezze e questo mi piace. Siamo abituati a sentire cose perfette nei dischi, sul palco non c’è cuffia, c’è più pressione, devi essere diretto e adattarti alla situazione. Ma questo è lo spirito del rock, è così. Una delle cose più belle sono le reazioni del pubblico, questo è quello che mi è più mancato in questo periodo in cui la musica live è stata spenta.

Leggi l’articolo completo  di Luca Trambusti su musicadalpalco.com

MATTHEW LEE: non sono solo un performer e oltre alle cover c’è anche la mia musica. (Intervista)

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