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Intervista – ALESSANDRA TUMOLILLO cartoline da una Napoli che non smette di cantare

Alessandra-Tumolillo

C’è una Napoli che non si lascia rinchiudere nei cliché da cartolina, ma che si rivela nei dettagli, nei silenzi tra le note, nei colori di una melodia che si fa racconto.

In Postcards From Naples, il nuovo EP di Alessandra Tumolillo, chitarrista e cantautrice napoletana, la tradizione incontra la sperimentazione jazz, in un equilibrio sottile tra fedeltà e reinvenzione.

Tra i vicoli di una città senza tempo e l’eco dei grandi della musica partenopea, nasce un lavoro intimo, coraggioso e raffinato, che si apre con la struggente “Chesta Sera” di Nino D’Angelo, reinterpretata in chiave sognante e jazzata. L’abbiamo incontrata per farci raccontare questo viaggio musicale che parla di radici, futuro e passione.

Alessandra Tumolillo Copertina_Postcards from Naples

L’INTERVISTA 

E’ uscito “Postcards From Naples” un titolo che evoca l’idea di un viaggio affettivo, visivo e sonoro. Cosa rappresenta per te questo EP?

È davvero una raccolta di cartoline, sì, ma interiori. È un omaggio a Napoli e alla sua musica, quella che ha formato la mia identità, prima ancora di essere una scelta artistica. Ogni brano è una dedica, un piccolo mondo, un modo per raccontare la mia città con gli occhi e le orecchie di oggi, ma anche con un amore che affonda nell’infanzia.

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In questo lavoro reinterpreti classici come “Reginella”, “Malafemmena” e “Luna Nova” in una chiave nuova, intima. Come hai lavorato sugli arrangiamenti?

Ho voluto restare fedele all’anima dei brani, ma portarli nel mio universo sonoro: chitarra e voce. È il mio linguaggio più sincero, quello che conosco meglio. Lavorare in sottrazione, senza orpelli, è stata una scelta quasi naturale. E poi c’è il jazz, che è da sempre parte della mia formazione: mi piace mescolarlo con la tradizione, farli dialogare.

“Chesta Sera”, il singolo che accompagna l’uscita, è una canzone di Nino D’Angelo molto legata all’immaginario popolare napoletano. Come nasce la tua versione?

È una canzone che ho sempre amato. Parla della fine di un amore che continua a bruciare, e l’ho sentita profondamente mia. L’ho ripensata con gli arpeggi della mia chitarra e con una voce che voleva essere sussurrata, quasi onirica. Ho cercato di dare al brano un respiro nuovo, più intimo, mantenendo però tutta la sua forza emotiva.

Nel disco ci sono anche due inediti: “Nun fa male” e “Nenia ad Ambra”. Cosa raccontano?

“Nun fa male” è una canzone che parla di resilienza, di quella forza che ti rimette in piedi anche quando tutto sembra perduto. “Nenia ad Ambra”, invece, è una ninna nanna scritta per una persona molto cara: è un brano dolce e malinconico, una carezza in musica.

La tua passione per la musica napoletana e per il jazz nasce in famiglia. Quanto ha influito questo background?

Moltissimo. I miei genitori erano entrambi musicisti, e da piccola in casa si ascoltava di tutto: da Pino Daniele a Bill Evans, da Roberto Murolo a Ella Fitzgerald. Crescere in un ambiente così mi ha insegnato il rispetto per la tradizione e la curiosità per la sperimentazione. Non ho mai vissuto la musica napoletana come qualcosa di “antico”, ma come un universo ricco e fertile, da riscoprire.

In un panorama discografico spesso orientato alla tendenza più che alla profondità, il tuo lavoro suona come una scommessa. Come vivi questo “azzardo”?

Con consapevolezza, ma senza timore. So che questo tipo di progetto non è “di moda”, ma non ho mai cercato scorciatoie. Preferisco essere fedele a me stessa, anche se questo significa percorrere strade più lunghe. Alla fine, credo che la sincerità arrivi, sempre.

La tua chitarra è parte integrante del tuo stile. Non c’è foto in cui tu non la tenga tra le mani. Che rapporto hai con lo strumento?

Direi viscerale. La chitarra è il mio rifugio, la mia voce alternativa. Non è un semplice strumento, è un’estensione di me. Quando suono, riesco a dire cose che non saprei esprimere a parole. È come se parlasse al mio posto, e io la seguo.

Attualmente che chitarra suoni?

Suono un po’ di tutto anche se ultimamente preferisco le chitarre classiche con corde in nylon. Sono diventata ambassador per Alhambra Guitarras. È un grande onore, perché Alhambra rappresenta una qualità sonora e costruttiva eccezionale. Le loro chitarre mi accompagnano ogni giorno e sento che parlano la mia lingua. Avere il loro sostegno è anche un segno che la mia ricerca musicale, seppur fuori dai circuiti più commerciali, viene ascoltata e riconosciuta.

Hai citato spesso il jazz come influenza. Che tipo di musica ascolti oggi?

Ascolto davvero di tutto, dal pop al jazz più tradizionale. I miei punti fermi restano artisti come George Benson, Miles Davis e tutto quel mondo lì, fatto di eleganza, groove e profondità. Tra gli italiani della nuova generazione, invece, amo molto Venerus: ha una visione musicale raffinata, personale, e sa unire mondi diversi con autenticità.

Hai già in mente nuovi progetti dopo Postcards From Naples?

Assolutamente sì. Sto scrivendo nuova musica, e qualcosa uscirà molto presto. A settembre partirà anche un tour per portare Postcards From Naples dal vivo, in una dimensione più diretta e viva, che è quella che preferisco. Non vedo l’ora di condividere tutto questo con chi mi ascolta.

ASCOLTA IL DISCO 

 

WEB & SOCIAL 

https://www.instagram.com/alessandratumolillomusic/

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