ECHOES: dai BEATLES a PETER GABRIEL in mostra alla Fondazione Luigi Rovati di Milano

Al Padiglione d’arte della Fondazione Luigi Rovati di Milano si accendono oggi i riflettori su Echoes.
Origini e rimandi dell’art rock britannico, un progetto espositivo che racconta, con uno sguardo ampio e multidisciplinare, la stagione più visionaria della musica rock britannica.
Curata da Francesco Spampinato, la mostra si sviluppa in tre tappe distinte e interconnesse, che esplorano il dialogo – a tratti simbiotico – tra arti visive e musica pop, in particolare nell’Inghilterra degli anni ’60 e ’70, quando nacque e si affermò il fenomeno noto come art rock.

Echoes_FotoDanielePortanome
Il progetto
Il progetto affonda le sue radici in una ricerca sulle contaminazioni tra linguaggi visivi e sonori: copertine d’album come vere e proprie opere d’arte, fotografie iconiche, installazioni, performance e strategie comunicative che hanno segnato un punto di svolta nel modo di concepire la figura dell’artista musicale. Dai Beatles ai Pink Floyd, dagli Yes ai Genesis, fino alla carriera solista di Peter Gabriel, Echoes mostra come l’immaginario visivo abbia contribuito in modo determinante alla costruzione di miti duraturi e all’espansione del rock oltre i suoi confini sonori.
Tra Surrealismo, Pop Art inglese e postmodernismo, le opere in mostra tracciano un percorso che attraversa generazioni e linguaggi, rivelando un impatto culturale profondo e duraturo. L’art rock non è solo un genere musicale, ma un terreno fertile dove la cultura alta e quella popolare si sono incontrate e contaminate, ridefinendo codici estetici e poetiche dell’identità artistica.
I Beatles, tra mito e rivoluzione visiva
Il primo capitolo espositivo, The Beatles. Il mito oltre la celebrità, prende avvio il 17 aprile e si concentra sull’energia dirompente dei Fab Four nel ridisegnare non solo le regole del pop, ma anche l’estetica della cultura giovanile. Cuore pulsante della sezione è il lavoro sulla leggendaria copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1967), realizzata da Jann Haworth e Peter Blake e immortalata da Michael Cooper. Un’opera corale, tra diorama e Pop Art, che diventa manifesto di un’epoca.
Completano il percorso i celebri ritratti psichedelici di Richard Avedon, le risonanze oscure evocate da Raymond Pettibon e un raro video di Yoko Ono (Smile, 1968), che ci restituisce un Lennon intimo e vulnerabile. A chiudere, l’irriverente I’m Not The Girl Who Misses Much (1986) di Pipilotti Rist, che con tocco femminista offre una lettura critica dell’immaginario pop maschile dominante.
Pink Floyd, Yes, Genesis: visioni espanse
Dal 14 giugno si entra nel cuore più visionario di Echoes con Pink Floyd, Yes, Genesis. Nuove percezioni della realtà, una sezione che esplora il lato più surreale, concettuale e immaginifico dell’art rock. Si parte con Alberto Savinio e si approda agli universi di Roger Dean (Yes), Hipgnosis e Storm Thorgerson (Pink Floyd), in un crescendo di immagini potenti e simboliche: il prisma di The Dark Side of the Moon, l’uomo in fiamme di Wish You Were Here, il celebre maiale volante di Animals.
I Genesis sono raccontati attraverso i dipinti di Paul Whitehead e gli acquerelli di Colin Elgie, che danno forma a un’estetica sospesa tra favola e inquietudine. Un’estetica che trova un’eco contemporanea nell’installazione di Nathalie Djurberg, dove il sogno psichedelico si tramuta in visione iperreale, tra pillole colorate e paesaggi interiori.
Peter Gabriel: l’arte come identità in frantumi
Il terzo e ultimo capitolo della mostra è dedicato a Peter Gabriel. Frammentazione dell’identità, un’indagine sulle metamorfosi visive e concettuali dell’ex frontman dei Genesis. In mostra gli artwork firmati Hipgnosis per i primi album da solista (Car, Scratch, Melt), ma anche fotografie, video, travestimenti, e le sperimentazioni multimediali degli anni Novanta, con CD-ROM e ambienti interattivi.
L’identità come costruzione fluida e plurale è il cuore tematico della sezione, che si apre con la celebre figura di Rrose Sélavy, alter ego duchampiano documentato da Man Ray, e prosegue con opere di Keith Haring e Kiki Smith, esplorando la crisi dell’Io nell’epoca postmoderna. Un viaggio che rispecchia la poetica inquieta e visionaria di Gabriel, capace di spingersi sempre oltre il palco e la canzone.
La colonna sonora di un’epoca
Ad accompagnare la mostra, una pubblicazione a cura di Francesco Spampinato e una playlist firmata dal music designer Marco Fullone per Radio Monte Carlo, partner ufficiale del progetto. Disponibile su Spotify e fruibile in mostra tramite QR code, la selezione musicale affianca brani iconici a perle meno note, con l’intento di raccontare un periodo irripetibile della storia della musica mondiale.
Ho cercato titoli significativi ma accessibili», racconta Fullone. «Brani che potessero emozionare anche chi non conosce a fondo il prog rock: da A Day In The Life dei Beatles a The Carpet Crawlers dei Genesis, passando per la Heroes di David Bowie reinterpretata da Peter Gabriel». E naturalmente Echoes dei Pink Floyd, che dà il titolo all’intero progetto.
Info
Echoes. Origini e rimandi dell’art rock britannico
Padiglione d’arte, Fondazione Luigi Rovati
INGRESSO GRATUITO
Orari
Aperto da mercoledì a domenica, ore 10.00-20.00 (ultimo ingresso ore 19.00).
The Beatles. Il mito oltre la celebrità
17 aprile – 8 giugno
Pink Floyd, Yes, Genesis. Nuove percezioni della realtà
14 giugno – 27 luglio
Peter Gabriel. Frammentazione dell’identità
27 agosto – 5 ottobre
Fondazione Luigi Rovati
Corso Venezia 52, Milano
www.fondazioneluigirovati.org