DIODATO esce “Che vita meravigliosa”. La videointervista e il disco traccia per traccia

DIODATO esce “Che vita meravigliosa”. La videointervista e il disco traccia per traccia

“CHE VITA MERAVIGLIOSA” è il nuovo album di DIODATO, vincitore del 70° Festival di Sanremo con il brano “Fai Rumore”.

Una Fotografia realista di un vissuto fatto di passioni e fragilità, amori, solitudini, cadute e rinascite, il nuovo lavoro del cantautore si contraddistingue anche per uno sguardo attento alla società, ai rapporti tra esseri umani, alle barriere invisibili che caratterizzano il nostro tempo.

LA VIDEO INTERVISTA 

Ecco il disco traccia per traccia: 

“CHE VITA MERAVIGLIOSA”

Il brano si apre con un potente intro evocativo caratterizzato dal suono dei cori e dei fiati. La vocesi delinea lieve e delicata, e si diffonde dolcemente in una strofa incalzante, caratterizzata da un costante crescendo di immagini che si susseguono e intrecciano ad un arrangiamento dalle sonorità profonde, fatto di tamburi surdi, chitarre acustiche e piccoli elementi ritmici. Nell’inciso il significato del brano si palesa con forza, trasformandosi e prendendo la forma definitiva di un tributo armonico a questa vita meravigliosa, dolorosa sì, ma fortemente seducente, miracolosa. È il canto di un essere umano disperso nel mare esistenziale, tra le sue onde, tra canti di sirene, alla ricerca di porti sicuri, pezzi di terra su cui fermarsi anche solo per un attimo, prima di abbandonarsi al folle desiderio di riprendere il proprio viaggio. È un romantico tributo alla vita, in tutte le sue sfaccettature e declinazioni.

“FINO A FARCI SCOMPARIRE”

Le note di un potente pianoforte e una batteria essenziale ma decisa fanno da tappeto a una strofa che racconta senza mezzi termini l’arrivo al capolinea di una relazione. Pur sapendo che non c’è più niente da fare, si insiste, ci si accanisce, si perde la dignità, si amplifica il dolore. Ma il tempo, forse, riuscirà a raccontare un’altra storia e ritroveremo il senso delle nostre azioni, delle privazioni che ci hanno portato a scomparire. Anche se il mondo in cui vivremo non sarà lo stesso che abbiamo condiviso, lontani dalle incomprensioni, dalle possessioni e dalle insicurezze di un tempo, innamorati in un altrove e di qualcun altro, avremo forse la fortuna di riconoscere qualcosa di più grande, qualcosa in grado di andare oltre le nostre piccolezze, di consacrare quel “noi” che, in qualche modo, continua a vivere.

“LA LASCIO A VOI QUESTA DOMENICA”

Un up-tempo allegro nel mood e nell’arrangiamento musicale, quasi da canzone estiva fresca e leggera, che discorda col tema doloroso di cui tratta la canzone, ispirata a una storia vera, il suicidio di una persona nella stazione di Cattolica.

Diodato è nella carrozza di un treno e poi in stazione, tra i ritardi dovuti all’incidente, treni cancellati, isteria collettiva e il qualunquismo imperante liberato dall’accaduto. In questa malinconica domenica, la notizia che qualcuno si è probabilmente buttato sotto un treno, viene immediatamente messa al margine da un circo disumano incapace di empatia.

Da sottolineare gli arrangiamenti di voci presenti in tutto il brano il cui intreccio culmina nell’ultimo ritornello.

“FAI RUMORE”

Dopo un’intima strofa piano e voce, in cui le prime parole cominciano a fare un soffice “rumore”, come fossero pensieri che cercano espressione, il pezzo si apre con potenza sull’inciso che, come in un’onomatopea, evoca e libera pienamente il significato della canzone e in cui la voce lancia decisa un messaggio tra elementi orchestrali mescolati ai synth. La seconda strofa accoglie una ritmica decisa che si incastra con liriche incalzanti che culminano con l’esplosione del secondo ritornello, in cui all’apice emotivo della voce, risponde un arrangiamento da wall of sound. Lo special è evocativo e sembra quasi di vedere le immagini di un vissuto lontano che si mescola alle sensazioni del presente. La ripresa del ritornello finale porta a un improvviso svuotamento in cui la voce si fa strumento e, dialogando col piano, ci conduce verso un finale sospeso che sa di attesa, di orecchio teso ad ascoltare. Il brano è un invito ad abbattere i muri dell’incomunicabilità, a farsi sentire, a non soffocare nel silenzio delle incomprensioni, del non detto, dove muore ogni umanità. È un atto di ribellione che ha l’amore come finalità, nel senso più ampio possibile.

“ALVEARI”

Un pad di synth elettronici, arpeggiatori frenetici anni Ottanta, fanno da sottofondo a tutto il brano, come a voler ricreare l’atmosfera operosa degli alveari, la stessa in cui scorre la nostra vita folle, fragile, dall’equilibrio precario. Una canzone che ci fa guardare dentro e intorno, alle nostre esistenze incasellate in celle esagonali, alle nostre città con le loro strade, case e finestre, da cui osserviamo un mondo che pare perfetto se limitiamo lo sguardo solo a ciò che vogliamo vedere. Così lontani da un universo che pare infinito e immortale siamo destinati a cadere, a fare i conti con le nostre fragilità, forse anche per ritrovare un senso, per riappropriarci di quell’essenziale invisibile.

“CIAO, CI VEDIAMO”

Un brano dal sapore soft-rock che inizia subito con la voce di Diodato accompagnata da un basso dal suono spesso che, intrecciandosi con la figura ritmica della batteria, crea il groove su cui si muove la prima strofa. Tutto il brano è caratterizzato da suoni di tastiere che sembrano richiamare un sound design da videogame ed è forse un richiamo al gioco e all’ironia che si sviluppa durante tutto il pezzo. Rimanere sul filo di un rapporto che si muove tra amicizia e flirt ma che deve aver già dato modo di comprendere, magari in un passato recente, che è meglio non andare oltre. E allora forse basterebbe un “Ciao, ci vediamo” se non fosse che una delle due persone coinvolte non sembra avere alcuna intenzione di fermarsi.

“NON TI AMO PIÙ”

Su un tappeto sonoro che fa eco agli anni Sessanta dei Beach Boys, la scrittura di Diodato – semplice e mai scontata – racconta con ironia e sarcasmo l’esatto momento in cui la quotidianità prende il sopravvento nella vita di coppia: quando è difficile accettare che, forse, l’entusiasmo delle prime volte è scomparso, che la passione è calata e che spesso il fastidio provocato da un dentifricio lasciato aperto sul lavandino vale più di mille baci. Chi ha avuto la fortuna di amare e di essere amato, ha probabilmente avuto anche la sfortuna di non amare più o di non essere più amato. Un gioco che si ripete, in continuazione, fino a che non ci si sente troppo stanchi per dirselo ancora, per continuare a giocare, per ricominciare da capo.

“SOLO”

Un temporale e la pioggia che scende e ticchetta fuori dalla finestra di casa fanno da intro a una ballad sulla ricerca della solitudine, sui motivi di questo desiderio che a volte diventa condizione esistenziale, analisi, apparentemente senza esito, dello stato d’animo in cui cadiamo quando siamo soli. Quante volte siamo rimasti soli perché abbiamo pensato che niente valesse la pena? Quante volte abbiamo finto di star bene nella nostra solitudine pur di fare ciò che volevamo, convincendoci che fosse l’unica strada possibile? Costruiamo faticosamente vite insieme per poi, molto spesso, abbandonarci all’autolesionismo, a quella forza distruttiva che resta spesso unica compagna delle nostre silenziose e incomprensibili solitudini.

“IL COMMERCIANTE”

Un arrangiamento quasi da banda che si intreccia con una ritmica e con delle liriche quasi rappate, inaspettate, sorprendenti. Come certe riflessioni, che nascono così, mentre compri l’olio per il motore della macchina e magari hai la fortuna di incontrare un commerciante appassionato che ti invita a scegliere l’olio giusto, consigliandoti con attenzione. E la riflessione che viene fuori si allarga ai rapporti umani, alle distanze da centro commerciale, alla freddezza che sempre di più vorrebbe divenire regola ma che per fortuna qualche piccolo eroe cerca ancora di contrastare.

“E ALLORA FACCIO COSÌ”

Il brano più rock dell’album, con una massiccia presenza di chitarre elettriche e con un vocalizzo in loop che sa di voglia di evasione, è un pezzo potente, positivo, caparbio, come chi decide di dare una svolta alla propria vita, abbandonando schemi vecchi e depressivi, per provare a rimettersi in gioco. Un invito a far partire la rivoluzione da sé stessi e provare a saltare con convinzione in un futuro il cui finale sembrava già scritto.

“QUELLO CHE MI MANCA DI TE”

Siamo davanti a un giradischi. Posizioniamo il 45 giri di questa canzone e poggiamo la puntina sul vinile. Veniamo avvolti da una musica che sembra venire da un altro tempo. La puntina salta, poi tutto riparte e veniamo catapultati in un’altra dimensione, in un racconto fatto di immagini. Siamo nello sguardo di chi ha amato, di chi ha osservato in silenzio, di chi ha provato emozioni forti, di vita insieme, in cui è forse facile ritrovarsi. Ci sembra di ballare con questi due amanti e con l’assenza, la mancanza di chi ricorda, di chi spera che quella sensazione impossibile da spiegare sia comune al suo amato. I ricordi rimangono sospesi, un attimo, come un sospiro trattenuto, per poi divenire flusso liberato dall’orchestra finale, maestosa sintesi di una vita insieme meravigliosa, capace ora di rivivere dietro due occhi chiusi.

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