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Intervista – EMIS KILLA: faccio ancora musica triste, nonostante tutto

EMIS KILLA_ph credit Adriano Alia_(2025-pp-12)

Esce venerdì 5 dicembre “Musica Triste”, il nuovo album di Emis Killa.

Un lavoro che riaffonda le mani nel rap più viscerale, quello che non cerca scorciatoie né ammiccamenti, e che al contrario rimette al centro la scrittura come gesto identitario, gesto necessario.

L’intero progetto sembra nascere da una frizione interna: la volontà di restare fedele alla propria matrice hip-hop e, insieme, la libertà di ignorare ogni diktat di “fruibilità” contemporanea.

Emis Killa ha seguito l’istinto, lasciando che fossero la penna e l’urgenza espressiva a dettare la rotta. Così “Musica Triste” si costruisce come un corpus di quindici brani serrati, dove strofe lunghe, incastri melodici e un lessico diretto ma mai facilone si alternano con naturalezza, restituendo un disco che sembra voler ribadire — senza proclami — cosa significhi ancora oggi fare rap sul serio.

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Accanto a lui scorre una geografia intergenerazionale della scena: Salmo, Tedua, Tony Effe, Capo Plaza, Baby Gang, ma anche voci emergenti come Papa V, Nerissima Serpe, Flaco G, Ele A e Promessa. Una mappa che non è decorativa, ma testimonianza di un album che respira, si confronta, si sporca, e infine si definisce.

Abbiamo incontrato Emiliano per farci raccontare la genesi e le contraddizioni fertili  di questo nuovo capitolo.

L’INTERVISTA 

Il titolo del disco nasce in realtà dal titolo di un brano. La scintilla me l’ha data la caption Instagram di un artista francese, Eric Christian, un pianista e compositore. Aveva scritto: “Io non sono triste, ma la musica lo è”. Io l’ho letta e ho pensato: “Beato te”. Perché io sì, faccio musica triste… e forse un po’ triste lo sono anch’io.

Quando ho scritto quel pezzo, mi è tornata in mente quella frase e il ritornello è diventato: “Faccio ancora musica triste, nonostante tutto”. E se guardo le mie hit, molte sono tristi. Anche i pezzi d’amore, quelli famosi — penso a Parole di ghiaccio — non sono tristi in senso melodrammatico, ma hanno sempre una vena nostalgica. Le mie canzoni preferite — anche dal punto di vista discografico — sono tutte tristi. Credo di essere un fan della musica triste: quella allegra da giugno a settembre non mi appartiene così tanto.

Poi c’è il contesto attuale: è un momento un po’ triste per la musica in generale. Non per il rap: per tutto. C’è poca attenzione, si scrolla via tutto. Anche un disco, spesso, viene consumato di fretta. Questo produce un senso di tristezza “strutturale”, come se ci fosse un disturbo dell’attenzione collettivo.

Detto questo, il disco non è un concept album. È una raccolta di brani che ho messo insieme perché mi piacevano. 
Non c’è la ricerca di un filo conduttore, tocco molte corde, la strada, il mio ‘io’, l’amicizia, hanno un ruolo importante anche le donne ed è il motivo per cui ci sono loro in cover, sebbene in una chiave molto street. Alla fine, molte delle mie canzoni sono dedicate a loro: il mio è un tributo all’universo femminile per aver ispirato buona parte della mia carriera.”

La copertina nasce proprio dal fatto che non volevo contestualizzare me stesso come “artista triste”.
Abbiamo unito quattro immaginari legati alle varie anime del disco: il rap, il club, l’amore, la strada.

Non è un album intimo. Non è un lavoro “profondo” in senso diaristico. È un album comodo, onesto, senza la pretesa di dover raccontare un trauma. È anche una presa di posizione: non ho più l’ansia di dover trovare la formula che vende una copia in più. Quello che devo fare, secondo me, è essere un artista coerente.

La copertina multipla è anche un modo per dire: non c’è bisogno di mettere me al centro della narrazione. La storia del disco sta nei brani, non nel mio volto.

A livello produttivo, com’è andato il percorso? C’è un ritorno alla tua comfort zone?

Di solito succede che, quando parto con un album, all’inizio cerco di fare le cose “in grande”: produttori forti, autori forti, sound nuovo. Provo a togliermi i singoli per primi, quelli “obbligati”. Poi però mi rendo conto che non è ciò che voglio, e nemmeno ciò che vuole il mio pubblico.

Non dico che non sei te stesso, ma non è il tuo habitat. Ogni tanto queste ricerche funzionano, ma è raro. Quando invece fai ciò che ti diverte davvero, è più facile che venga fuori un brano autentico, anche se magari non è “la tua caratteristica” a livello commerciale.

L’anno scorso avevo un’altra prospettiva: si parlava di Sanremo, il disco stava prendendo una direzione più pop, più “ritornello”. Poi non è successo, e con il senno di poi mi sono accorto che stavo allontanandomi da ciò che preferisco fare. Forse sto semplicemente diventando più grande: mi piace cantare meno, rappare di più, tornare a certe radici.

Che tipo di identità rap volevi preservare?

Per me quello è il rap: intrattenimento, punchline, flow, attitudine, e anche un po’ di arroganza. È la parte più mia, quella che ho sempre usato di più nella mia carriera. Posso fare altro, posso anche cantare, ma la scrittura nasce dalla matrice rap. È quella che ti restituisce la connessione più autentica.

Hai parlato di un’estetica rap che resta uguale a se stessa. Cosa intendi?

È come il caschetto di Raffaella Carrà: riconoscibile, immutabile. La musica rap è così. È giusto che abbia un nucleo stabile, anche se poi ognuno la interpreta a modo suo. È normale che a 16 anni ti piaccia una cosa e a 30 un’altra. Anch’io, crescendo, ho rivalutato rapper che da ragazzino non capivo.

Per molti tuoi colleghi il “producers only” è diventato un mantra. Tu invece sembri sempre diffidente verso l’idea di un unico referente.

A parte L’erba cattiva, che feci con Fish, non ho quasi mai lavorato con un solo produttore. Non è una scelta contro: è proprio che non sono semplice da gestire. Ho bisogno di elasticità emotiva e creativa. Uno solo rischia di diventare una gabbia. È vero, a discapito della coerenza sonora finisci con 300 beat invece di 30… ma almeno respiri. Poi domani potrei anche trovare il produttore “della vita”, chi lo sa. Ma non mi forzo.

Che percezione hai della cultura rap di oggi?

Non saprei dire quanto della cultura originale sia rimasto. Ci sono tutti i mezzi per ricostruirla, per farla crescere: basta pensare al vecchio muretto di Milano. Oggi sarebbe possibile replicare un punto di ritrovo simile, ma non so quanto interesse reale ci sia. Mi sembra che molti siano più attenti all’estetica, alla moda, al contorno. Il rap è diventato un po’ come il calcio: un grande business, con benefici enormi, ma anche con una perdita di identità. È musica che riflette la società, e dentro ci trovi cose che non sempre ti rappresentano.

EM15 e EM16 sono diventati eventi simbolici. Ci sarà un EM17?

Per quanto riguarda EM15 e EM16: non ci sarà un EM17. Quegli eventi, oltre alla soddisfazione di stare su quel palco, mi hanno portato anche una quantità enorme di stress e di privazione di sonno. Non ho più l’età per reggere certe maratone.

E poi, senza fare nomi né retroscena, perché sono una persona discreta e non parlo mai dei colleghi, è davvero un ambiente folle. Se sapeste quante cose succedono dietro le quinte, tra le collaborazioni… Lasciamo perdere.

Per questo, un altro evento così grande non me la sento di rifarlo. Qualcosa sicuramente arriverà, mentirei a dirti di no. Ho un’idea che sto condividendo con il mio management: sarà qualcosa di più piccolo ma ambizioso in un altro modo. Ne parleremo presto, quando sarà il momento di capire se può diventare realtà.

Speriamo di rivederci lì.

IL RACCONTO DEL DISCO 

Emis-Killa-Cover-MUSICA-TRISTE-2025.

LUNA STORTA
Prodotta da fede2ndroof
Il brano che apre il disco è un pezzo crudo e diretto, costruito su un’impostazione rap old school: flow serrato, barra pesante e zero abbellimenti. È uno sfogo impulsivo, sporco e d’impatto, che riporta Emis Killa al suo lato più ruvido e istintivo.

STAILA FEAT. FLACO G
Prodotta da Murad
La traccia nasce con l’attitudine da club e richiama la vibe di brani iconici come “Su di lei”. Racconta un rapporto di complicità fisica senza sentimenti, trattato con schiettezza e un velo di scurrilità volutamente esplicita ma sempre consensuale. Flaco G aggiunge freschezza e naturalezza, confermandosi una delle penne emergenti più solide della scena.

AMBRA FEAT. TEDUA
Prodotta da Drillionaire
È la sorpresa dell’album: arrivata in chiusura dei lavori, ha l’impatto di un gol al 90’. Il pezzo ha un magnetismo particolare e gioca sul parallelismo dell’ambra come elemento, lasciando spazio a diverse letture. La collaborazione con Tedua aggiunge profondità e una sfumatura emotiva che arricchisce ulteriormente la traccia.

MAMA
Prodotta da Drillionaire
La canzone è un brano da club dedicato a una donna che ti fa perdere la testa, nel bene e nel male. Una figura complessa, affascinante, capace di destabilizzare e far innamorare allo stesso tempo. Emis Killa la racconta con quello che definisce “romanticismo di quartiere” ed è uno dei pezzi di cui l’artista è più orgoglioso.

PHRATE
Prodotta da Don Joe
Un vero inno all’amicizia, un brano “tratto da una storia vera”, un racconto corale che parte dall’infanzia fino ai legami costruiti nel lavoro e nella vita adulta. Dentro c’è la sua gente: chi è cresciuto con lui, chi si è aggiunto negli anni, chi sta vivendo un momento difficile e chi l’ha superato. Il cuore del pezzo sta in un concetto chiaro e ripetuto: «ai miei fratelli, ai miei fratelli per la vita», un modo per riconoscere il valore di chi c’è stato davvero, al di là del successo e del tempo.

FANCULO FEAT. BABY GANG
Prodotta da Higashi
È uno street banger viscerale, con un’impronta gangsta rap che non poteva mancare in un disco di Emis Killa. Il brano parla direttamente ai fan dei quartieri e riporta al centro un’attitudine cruda e d’impatto.

MUSICA TRISTE
Prodotta da fede2ndroof
La canzone è una dedica di Emis Killa a se stesso, uno sguardo onesto e crudo al ragazzo che era e all’uomo che è diventato. È decisamente il brano più intimo dell’intero progetto e ne porta anche il titolo, una traccia profondamente personale, sentita.

CALDA FEAT. TONY EFFE
Prodotta da Drillionaire
Il brano si muove su sonorità volutamente calde e coinvolgenti. Emis Killa e Tony Effe rappano su un bpm perfetto per entrambi, guidati da un beat di Drillionaire che aveva già una top line forte. Un brano nato per l’estate ma pronto a scaldare anche l’inverno, immaginato per far ballare nei club.

ROBB STARK FEAT. SALMO
Prodotta da fede2ndroof
Con il brano si ritorna al rap duro, punchline e una cattiveria tecnica. Un terreno in cui Emis Killa affonda le radici, con Salmo che chiude il pezzo con precisione chirurgica, registrando la strofa in solo un’ora e rendendo la traccia un regalo per gli appassionati del rap puro.

SOGNI SPORCHI
Prodotta da Juli
Il brano richiama il primo periodo mainstream di Emis Killa: un inno all’amore di periferia, viscerale e adolescenziale, che conserva quella patina street che ha segnato tutte le sue hit più sentimentali.

FACCIA DA ***
Prodotta da Yung Snapp
La traccia è un freestyle nato per gioco, spontaneo, tenuto nel disco proprio per la sua genuinità. Mostra il lato più ironico e istintivo di Emis Killa, senza pretese narrative ma con grande personalità.

UNA SIGA FA FEAT. PAPA V NERISSIMA SERPE
Prodotta da Chef P, nikidefre
È uno sguardo nostalgico sugli anni in cui non sai ancora chi diventerai, ma che finiranno per definirti. Un brano sorprendentemente serio e sentimentale, soprattutto considerando la presenza di Nerissima Serpe e Papa V, che molti si aspettavano su sonorità da club. Invece arrivano su una traccia capace di strappare una lacrima.

EGOISTA FEAT. ELE A PROMESSA
Prodotta da Drillionaire
Uno dei brani più “classic” del disco, con tanto di scratch e un’estetica che unisce crudità e poesia. Emis Killa e Promessa rappano di strada e vissuto personale, mentre il ritornello ipnotico di Ele A alleggerisce senza snaturare il mood, mantenendo un’atmosfera notturna e malinconica.

SERPE FEAT. CAPO PLAZA
Prodotta da Cipro, Drillionaire
Una trap love song che mostra un lato diverso della collaborazione tra Emis Killa e Capo Plaza. Un brano che esplora relazioni complesse e lascia un retrogusto amaro, perfetto per chiudere il capitolo dedicato alle tematiche sentimentali del disco. Una chiusura coerente con il concept di “Musica Triste”.

MARE DI NOTTE
Prodotta da fede2ndroof
La canzone è il vero outro del disco: l’ultimo brano scritto e registrato, nato quasi per caso negli ultimi giorni di lavoro. Doveva essere un semplice sfogo per staccare la mente, è diventato invece la “ciliegina mancante”, i titoli di coda perfetti per chiudere il progetto.

I FORMATI 

Il disco è disponibile nei formati fisici CD e LP, con anche le varianti CD autografato, LP rosso autografato, LP nero marmorizzato rosso e LP nero marmorizzato rosso autografato.

WEB & SOCIAL 

https://www.instagram.com/emiskilla

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