“Non ho paura di niente” è il decimo album di Fabrizio Moro, un ritorno sulle scene a due anni e mezzo dall’ultimo progetto discografico.
Nove nuove tracce, prodotte da Katoo, che riportano al centro la sostanza: l’urgenza della parola, la fragilità dell’uomo dietro l’artista, la necessità di ritrovare senso in un’epoca che corre troppo.
Lo abbiamo incontrato per parlare di fatica e rinascita, della scelta coraggiosa di pubblicare il disco solo in formato fisico, del legame indissolubile con la periferia e della libertà di non dover compiacere nessuno. Con lucidità e calore, Moro riflette su paura ed equilibrio, politica e amore, ma soprattutto sul tempo — quel tempo che oggi vuole finalmente fermare per “godersi di più il momento”.
Un dialogo sincero, diretto, senza sovrastrutture: come la sua musica.
L’INTERVISTA
“Non ho paura di niente” è un album in cui ho messo tanto cuore e tanto fegato, come sempre, ma rispetto ai dischi precedenti, questo è stato più “sofferto”: è nato in un momento in cui ho provato un disagio generale, ero deluso da tutto quello che stava accadendo intorno al sistema musicale italiano.
Oggi viviamo tutto sempre di fretta. Si corre anche nel mondo musicale, si pubblicano brani e album a distanza di poco tempo. Sono cresciuto in un mondo differente e per me fare un album è un processo diverso, richiede tempo. Dietro a questo album c’è un importante e lungo lavoro di scrittura, di pensiero, di produzione e di tanto altro.
Come stai vivendo l’uscita del nuovo album? Sei riuscito a metabolizzarlo?
Dovrei metabolizzarlo bene, ma non ci riesco ancora del tutto. Un lavoro discografico ha tante fasi: la scrittura, la produzione, la pubblicazione. Io riesco davvero a comprenderlo solo quando lo porto dal vivo. È lì che le canzoni prendono corpo, che capisco se hanno senso, se funzionano. In questo momento c’è ancora un po’ di nebbia intorno ai brani: non so mai se ho fatto la cosa giusta o no. Credo però di aver dato tutto. Mi accorgerò fino in fondo di questa affermazione solo quando vedrò la reazione del pubblico.
Hai scelto di far uscire il disco solo in formato fisico. Una decisione in controtendenza.
Sì, anche se non sono il primo a farlo: negli ultimi tempi diversi artisti hanno intrapreso questa strada. È una risposta alle logiche di mercato che stanno cambiando. Un disco comporta un lavoro enorme: due anni e mezzo di scrittura e registrazione, di nervosismi, sogni, speranze. Tutto questo merita un peso specifico.
La mia generazione, quella dei cantautori tra i 40 e i 50 anni, è la più penalizzata: non siamo abbastanza “vecchi” per concederci una parentesi, né abbastanza “giovani” per abbracciare completamente i nuovi linguaggi digitali. Siamo cresciuti in studio, con la lentezza dell’analogico, e quel valore per la musica non possiamo perderlo. Se i fan lo capiscono, sono felice; se no, ascolteranno altro.
“Superficiali” è uno dei brani più intensi del disco. Da dove nasce?
Nasce in un momento difficile, in cui volevo mollare. Era il periodo post Covid, un tempo complicato per tutti, ma devastante per chi vive di musica e non può suonare. Mi sentivo troppo empatico verso tutto ciò che mi circondava, troppo coinvolto nelle cose che non riuscivo a cambiare. In quel momento ho desiderato essere più leggero, più “superficiale”. Forse, se ci fossi riuscito, la mia vita sarebbe stata più tranquilla.
In “Simone Spaccia” torni a raccontare la periferia. Quanto c’è ancora di quel ragazzo nei tuoi testi?
Tanto. Quelle dinamiche non ti abbandonano mai, ti ci porti dentro per tutta la vita. E per fortuna: mi tengono ancorato alla realtà. Il quartiere per me non è mai stato solo degrado — come spesso viene raccontato — ma un insieme di umanità, contraddizioni, bellezza. Lì ho visto più verità che nel resto del mondo.
In “Non ho paura di niente” sembri raccontare una generazione intera. Ti senti ancora un testimone?
No, scrivo solo per riconciliarmi con me stesso. Non ho mai voluto essere un testimone. La musica per me è uno sfogo, un modo per esorcizzare ciò che mi fa male o bene. “Non ho paura di niente” è stata la prima canzone che ha riattivato i miei ingranaggi arrugginiti: è un dialogo tra il Fabrizio coraggioso e quello impaurito. In realtà, la paura ce l’ho eccome, ma serve a non perdere lucidità.
Racconti spesso la perdita di direzione dei più giovani. Cosa vedi oggi nelle nuove generazioni?
Vedo disorientamento, ma anche tanta sensibilità. Il problema è nei filtri: politici, artisti, sportivi, cioè coloro che dovrebbero essere esempi. Oggi quei filtri sono deboli. La politica, per esempio, ha smesso di far innamorare i ragazzi: non è più parte della loro vita, li ha disillusi. Ai miei tempi la politica, la musica, persino la partita dell’Italia erano riti collettivi. Ora c’è disinteresse. Io provo a fare il mio, a lasciare una traccia onesta di quello che vedo.
Il tour partirà tra diversi mesi: perché questa lunga attesa?
Perché ormai bisogna prenotare un anno prima! È una follia. I club e i palasport sono pieni, il mercato è saturo. Ti dico la verità: a me questa cosa mi fa impazzire. Avrei voluto partire subito, ma non c’erano spazi. Speriamo di arrivarci vivi, come dico scherzando (ma non troppo).
Hai vissuto momenti di disagio verso il sistema musicale italiano. Come ti muovi oggi?
In questi dieci anni ho lavorato con varie multinazionali, ma ho sempre mantenuto la mia indipendenza. Con BMG ho trovato una squadra che ragiona come me, con tempi umani. Mi hanno ridato fiducia. Non sopporto l’idea che si debba pubblicare a tutti i costi per restare “sul pezzo”. Se qualcuno si dimentica di me, pazienza: significa che non l’ho colpito abbastanza. Io preferisco fare le cose bene e con calma.
In “Sabato” canti: “Devo fermare il tempo, godermi di più il momento”. C’è un istante della tua carriera che avresti voluto fermare?
Sì: lo Stadio Olimpico di Roma, nel 2018. È stato il sogno di una vita. Lì ho capito che certe cose possono davvero accadere, e avrei voluto che quel concerto non finisse mai. È uno dei pochi momenti che ogni tanto rivedo, anche se di solito non amo riascoltarmi.
Parli spesso di evoluzione, ma hai detto che questo disco rappresenta un’“involuzione”. In che senso?
Nel senso buono del termine. Ho ritrovato una spensieratezza che avevo perso, quella dei primi album. Alcune melodie mi hanno riportato indietro nel tempo, e questo mi piace molto. In un periodo in cui tutto corre e si appiattisce, mantenere integre certe emozioni è un atto di resistenza.
C’è un filo conduttore che lega le canzoni?
L’amore. L’amore per me stesso, per le persone che ho intorno, per i miei figli. È sempre stato il centro di tutto ciò che scrivo.
E sì, anche la politica c’entra. Perché tutto è politica: ogni scelta, ogni parola, ogni canzone. Bisogna solo saperla incanalare nel modo giusto, con onestà, senza trasformarla in propaganda.
Un cantautore deve essere uno specchio credibile del suo tempo.
Ti piacerebbe tornare al cinema o al teatro?
Durante il periodo del Covid, per non cadere in un malessere estremo, ho scritto tantissimo. Ti dico solo che ho due sceneggiature e un romanzo già pronti, che però non ho mai pubblicato. In quel momento mi mancava il live, per me la musica è legata visceralmente al palco, e l’incertezza di non sapere quando saremmo tornati a suonare mi pesava molto. Scrivere è stato un modo per restare a galla, per non farmi travolgere. Non riuscivo a scrivere canzoni, ma riuscivo a scrivere storie.
Magari quei testi resteranno per sempre nel cassetto, o forse un giorno li tirerò fuori, chissà. Per ora però voglio concentrarmi solo sulla musica: è il mio progetto principale, e per troppo tempo l’ho lasciato tra parentesi.
TRACCIA PER TRACCIA

1. NON HO PAURA DI NIENTE
Ho avuto paura ogni volta che mi sono accorto che stavo vivendo una vita che non mi apparteneva. Spesso ero turbato dagli errori del passato o troppo proiettato nell’ansia del futuro. Non ero mai “qui” e soprattutto non riuscivo mai a starci da solo. Ero sempre “dipendente” da qualcosa o da qualcuno. Questo atteggiamento “distruttivo” ti accompagna verso la parte peggiore di te stesso. Lo chiamo “il mostro”. Me lo sono trovato davanti diverse volte e l’ho affrontato. A volte contro di lui ho perso, altre volte ho vinto. Una volta in cui ho vinto, ho scritto questa canzone. “Non ho paura di niente” è uno sfogo, racconta la voglia di liberarsi dalle dipendenze, qualsiasi esse siano, e di riprendere in mano la propria vita.
2. SIMONE SPACCIA
Nel corso della mia carriera è capitato di scrivere diverse canzoni in cui descrivo dei personaggi che hanno gravitato intorno alla mia esistenza, con cui ho condiviso la mia adolescenza, il mio passato. Mi piace farlo perché attraverso loro riesco a raccontare il contesto sociale in cui sono nato e cresciuto. Non mi piace generalizzare, infatti ci tengo a specificare che ci sono personaggi come Simone che fanno guardare al mio contesto sociale, ma poi ovviamente ci sono personaggi che non sono come Simone.
3. CASA MIA
In “Casa mia” racconto di come ho costruito, passo dopo passo, insieme ad un’altra persona il posto più sicuro che c’è sulla terra, che per me è casa mia, e di come cambi il punto di vista quando la persona che era con te non c’è più. Tutto assume una forma diversa, cambia il modo in cui vedi ogni angolo, ogni oggetto. La casa è un luogo bellissimo quando all’interno ci metti amore e condivisione, ma può essere un posto terribile se al suo interno ci trovi soltanto mancanza e solitudine. In questa, come in altre canzoni che ho scritto, c’è sempre la speranza che, anche se si sa che una storia è finita, un giorno tutto si ricongiunga.
4. SUPERFICIALI
Il mio carattere mi porta sempre ad essere empatico nei confronti della vita. Ci sono certe cose che mi hanno fatto e continuano a farmi male e vorrei riuscire a prenderle più alla leggera. Ci ho lavorato tanto su questo aspetto, ma non ci riesco, mi accanisco su determinati meccanismi, quando invece vorrei lasciarmi scivolare alcune cose addosso, essere più “superficiale”, per vivere meglio con me stesso e con chi mi sta vicino.
5. IN UN MONDO DI STRONZI
“In un mondo di stronzi” parla della ricerca della condivisione con un’altra persona perché, secondo la mia esperienza, credo che in due si sopporti meglio il mondo, soprattutto quello di oggi! Ho notato che la sofferenza spesso porta a cercare una persona con cui condividere tutto. E questo spesso accade anche quando nella propria vita si è raggiunto un equilibrio materiale. In passato ho fatto degli errori che mi sono costati cari perché, per sopportare quello che accadeva intorno a me, davo tutto me stesso a persone che mi piacevano anche solo un po’. Con il tempo e l’esperienza ho capito che è fondamentale sopportare questo “mondo di stronzi” in primis da soli e, una volta che si è in equilibrio con se stessi, allora si possono condividere anche le proprie sofferenze con un’altra persona.
6. COMUNQUE MI VEDI
Per diverso tempo ho frequentato una persona che aveva compreso le mie difficoltà nell’instaurare un rapporto, le mie paure, le mie ansie e le mie insicurezze e che, per amore, si è messa completamente a nudo, raccontandomi di lei e del suo passato, senza filtri. “Comunque mi vedi” è una canzone scritta al contrario: per la prima volta mi sono messo dalla parte di chi ascolta e non sono io a parlare, ma è lei che mi dice “mi vedi, sono così e te lo dimostro giorno dopo giorno”. C’è grande liberazione in questo brano.
7. SABATO
“Sabato” è una canzone che mette a confronto il Fabrizio ventenne con il Fabrizio di oggi. Quando ero adolescente il sabato era l’emblema della libertà, il giorno in cui spesso si sbagliava. Quel tipo di errori oggi, per fortuna, non li commento più. Sto rivivendo tutto attraverso mio figlio che ha 17 anni e il sabato inizia a uscire da solo. Stavolta, però, mi immedesimo in mio padre e spero che mio figlio non faccia gli sbagli che ho fatto io. Oggi mi sento come un miracolato, al di là del lavoro che faccio e della vita che vivo come immaginavo da piccolo, perché la vita mi ha detto sempre bene.
8. TOGLIMI L’ARIA
In “Toglimi l’aria” descrivo tutte le volte in cui ho messo a rischio un grande amore per la voglia di sentirmi libero. È accaduto sempre, infatti, oggi a 50 anni sono da solo proprio perché, non so se per indole naturale o per paura, ho sempre dato molta più importanza alla mia libertà rispetto alla condivisione e alla responsabilità che ci si assume nel momento in cui si decide di prendersi cura di un’altra persona. L’amore è una cosa straordinaria che però mette anche dei confini. Sono fortunato perché condivido la mia interiorità con tante persone, lo faccio attraverso la mia musica, i miei concerti. Ma condividere la propria vita con la persona che si ama è un’altra cosa. E a volte mi manca. È un’altalena.
9. SCATOLE
Cambio spesso casa e “Scatole” è un brano che ho scritto durante l’ultimo trasloco. Nelle scatole c’è tutta la mia vita e ogni volta che le apro faccio un viaggio incredibile, tra sensazioni e ricordi che non credevo di avere più dentro di me. A ogni trasloco aumentano le scatole, aumentano i ricordi, aumenta tutto e diventa sempre più complicato. La verità è che la tua casa è dentro di te e, quando stai bene con te stesso, non cambi più casa. Questa volta mi auguro di aver trovato la mia stabilità.
IL VIDEO
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Fabrizio Moro presenterà il nuovo album al pubblico con un instore tour:
– 14 novembre – ROMA – Feltrinelli in Via Appia Nuova, 427 – ore 18.00
– 17 novembre – NAPOLI – Feltrinelli in Piazza dei Martiri – ore 18.00
– 18 novembre – BARI – Feltrinelli in Via Melo, 119 – ore 18.00
– 20 novembre – FIRENZE – Feltrinelli in Piazza della Repubblica, 26/29 – ore 18.00
– 21 novembre – MILANO – Feltrinelli in Piazza Piemonte, 2 – ore 18.30
– 22 novembre – TORINO – Feltrinelli in Piazza C.L.N., 251 – ore 18.00
– 25 novembre – CATANIA – Feltrinelli in Via Etnea, 283 – ore 18.00
– 26 novembre – PALERMO – Feltrinelli in Via Cavour, 133 – ore 18.00
IL TOUR
2 maggio 2026 – ROMA – Palazzo dello Sport
23 ottobre 2026 – PADOVA – Hall
24 ottobre 2026 – SENIGALLIA (Ancona) – Mamamia
28 ottobre 2026 – MILANO – Fabrique
31 ottobre 2026 – VENARIA REALE (Torino) – Concordia
6 novembre 2026 – FIRENZE – Cartiere Carrara
7 novembre 2026 – BOLOGNA – Estragon
12 novembre 2026 – NAPOLI – Casa della Musica
13 novembre 2026 – MOLFETTA (Bari) – Eremo Club
15 novembre 2026 – CATANIA – Land
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