Ashton Simmonds, alias Daniel Caesar, non è solo è un indiscusso fenomeno: è un uomo alle prese con il proprio riflesso.
Con “Son of Spergy”, quarto sigillo di una carriera più tormentata che celebrata, Caesar si spoglia di ogni grazia patinata per indossare la vulnerabilità come unica verità possibile.
Se nei lavori precedenti la sua penna si era immersa tra relazioni e introspezioni amorose, qui il fuoco è più vicino: il padre, la fede, la colpa, la redenzione.
È un album di espiazione e disincanto, un disco quasi salvifico, che si apre come un rito con Rain Down, preghiera gospell e sospesa con Sampha. I due si scambiano il ritornello “Lord, let your blessings rain down on me”, tra reverenza e smarrimento. È un inizio esitante, quasi penitente, per un artista che sembra ancora in bilico tra l’autoesposizione e la fuga.
In Have a Baby (With Me) Caesar non cerca amore: tratta un’eredità. “Have a baby with me”, ripete, come se generare fosse l’unico modo per sopravvivere al proprio fallimento. È un pezzo spietato, quasi biblico, in cui l’idea di paternità diventa un atto di sfida al tempo. In Call on Me con un approccio sonoro alla Lenny Kravitz ritrova una dolcezza stanca, una sensualità filtrata dal disincanto, mentre Baby Blue si apre in un finale orchestrale che sconfina nell’inno religioso, dove il sacro e il carnale si mescolano fino a confondersi.
Root of All Evil rivela la sua anima pop corale, mentre Moon, con Justin Vernon dei Bon Iver, è una confessione cosmica, un dialogo tra due coscienze in dissolvenza. Il vertice emotivo arriva con Touching God, in cui Yebba e Blood Orange amplificano la disperazione in un coro che sa di resa. No More Loving (On Women I Don’t Love) con 656yf4t hai tratti R&B morbida, notturna e accompagna a Sins of the Father, ancora con Bon Iver, brano che chiude il cerchio: sette minuti di autoanalisi, rabbia e riconciliazione, un canto che graffia l’anima più di quanto la guarisca.
Dal punto di vista sonoro, Caesar attraversa i territori del soul contemporaneo e delle sue mutazioni più raffinate — tra gospel, R&B, chamber pop e minimalismo quasi folk. È un disco intenso e imperfetto, come chi lo ha scritto: meno seducente dei suoi predecessori, ma più necessario. Non cerca la redenzione negli altri, ma in sé stesso.
La copertina — un ritratto sgranato su fondo rosso, marcato da tre simboli mistici — è la sua icona privata: un manifesto di identità e fede, più intimo che estetico.
Con “Son of Spergy”, Daniel Caesar non chiede di essere compreso, ma di essere creduto. E nel farlo, riscopre la sua voce più autentica: fragile, consapevole, ostinata.
SCORE: 7,50
DA ASCOLTARE SUBITO
Rain Down (Ft. Sampha) – Baby Blue (Feat. Norwill Simmonds) – Sins Of The Feather (Feat. Bon Iver)
DA SKIPPARE SUBITO
Poco meno di un’oretta. Un viaggio da assaporare senza fretta!
TRACKLIST
Rain Down (Feat. Sampha)
Have A Baby (With Me)
Call On Me
Baby Blue (Feat. Norwill Simmonds)
Root Of All Evil
Who Knows
Moon (Feat. Bon Iver)
Touching God (Feat. Yebba & Blood Orange)
Sign Of The Times
Emily’s Song
No More Loving (On Women I Don’t Love) (Feat. 656yf4t)
Sins Of The Feather (Feat. Bon Iver)
DISCOGRAFIA
2017 – Freudian
2019 – Case Study 01
2023 – Never Enough
2025 – Son Of Spergy