Il secondo album è sempre una zona di turbolenza: lo è per chiunque, ma lo diventa in modo quasi crudele per un’artista che, al debutto, aveva conquistato vertici di pubblico e critica.
E quando il panorama del soul-pop si popola di nuove voci ambiziose, le attese finiscono col pesare come un ulteriore strato di pressione. In questo scenario prende forma “Woman Of Faces”, secondo capitolo di Celeste a quattro anni dal ben più compatto “Not Your Muse”.
Il disco nasce attraverso frizioni tutt’altro che marginali. La cantante ha raccontato senza filtri gli attriti con il produttore Jeff Bhasker e i fraintendimenti con la label: segni che qualcosa, nel processo creativo non ha funzionato come avrebbe dovuto. Eppure Celeste tenta comunque di preservare il proprio lessico sonoro: quel modo di essere al tempo stesso sontuosa e scarnificata, elegante ma attraversata da venature dolenti.
Il risultato è un lavoro cupo, austero, orgogliosamente introverso. “Woman Of Faces” non cerca scorciatoie né ammiccamenti al pop mainstream; procede per chiaroscuri, in un territorio che assorbe suggestioni winehousiane, jazz vocali e un gusto rétro che non disdegna tessiture malinconiche e arrangiamenti levigati.
La title track imposta subito la postura del disco: archi avvolgenti e un personaggio che “lavora così duramente solo per essere sostituito”.
È un affresco di precarietà emotiva che trova un contraltare nell’apertura On With the Show, dove la vita si deforma in un teatro perpetuo.
L’album muta pelle più volte: dalle orchestrazioni quasi cinematografiche si passa ai lamenti ridotti all’osso. L’unico spiraglio pop riconoscibile arriva con Could Be Machine, quasi una dimostrazione potente alla Adele, parentesi che mostra tutti i suoi colori che però non vira verso il compromesso e si chiude con This is Who I Am, statement definitivo dell’artista.
“Woman Of Faces” è un disco che chiede tempo, attenzione, disponibilità all’ascolto lento. Ha una coerenza narrativa che affascina, ma sente il peso delle sue stesse ambizioni: non sempre riesce a trasformare l’introspezione in slancio, e a tratti rischia di ripiegarsi sulle sue ombre. Resta però un’opera solida, raffinata, con momenti di lucidità emotiva che confermano la statura autoriale di Celeste.
Non un passo falso, non un trionfo: un lavoro intermedio, coraggioso nella misura, che merita un avvicinamento senza fretta.
SCORE: 7,75
DA ASCOLTARE SUBITO:
Woman of Faces – People Always Change – This is Who I Am
DA SKIPPARE SUBITO
Poco più di mezzora di viaggio in una dimensione raffinata e malinconica. Perfetta per il clima uggioso autunnale!
TRACKLIST:
I VIDEO
DISCOGRAFIA
2021 – Not Your Muse
2025 – Woman of Faces
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