La voce è quella di sempre – graffiante, diretta, con quel tipico accento newyorkese che non si è perso neanche dopo anni di tour in giro per il mondo. MARKY RAMONE, batterista del leggendario gruppo punk-rock RAMONES, è energia pura!
Nonostante abbia 72 anni picchia ancora di brutto sulla batteria e ha ancora quell’entusiasmo da ragazzino, lo stesso che lo portò a suonare nei locali di Brooklyn prima di approdare nella band che avrebbe cambiato per sempre la storia della musica.
Marky non è solo l’ultimo testimone di un’epoca leggendaria, ma anche un artista a tutto tondo: batterista, pittore, e persino un amante dell’Italia, dove ha scelto di comprare casa in Toscana.
L’abbiamo incontrato il giorno prima del concerto al Circolo Magnolia di MILANO dove si esibirà con la band MARKY RAMONE’S BLITZKRIEG.
Tra una battuta sui dischi che hanno fatto storia e qualche confidenza sulla sua vita lontano dai riflettori, questa chiacchierata è un viaggio senza filtri nel passato, nel presente e nel futuro del punk.
Perché, come dice lui stesso:
La musica è sempre la stessa, sono gli altri che devono mettersi al passo.”
L’INTERVISTA
Marky, questo tour celebra l’eredità dei Ramones. Dopo tutti questi anni, cosa significa per te portare avanti questo spirito?
È una responsabilità bellissima. Quando suoniamo, vedo bambini di 10 anni che cantano Blitzkrieg Bop accanto a fan storici. L’energia è identica a quella degli anni ’70, e questo è fondamentale. Io non sono qui per fare una cover band: siamo un ponte tra generazioni. Se un giorno non sentissi più quella scintilla, smetterei.
Sul tuo profilo Instagram ho visto che oggi hai pubblicato una foto del 1978 dove eri con la band a ny mentre registravate l’album Road to Ruin. Che energia c’era in quegli anni? E’ replicabile adesso?
Sì, eravamo tutti e cinque sul tetto dello studio. Tommy [Ramone] era passato a produrre, io imparavo i brani. Quella è l’unica foto dove siamo tutti insieme. Eravamo un tornado di idee, litigi e genialità. Ora? L’adrenalina è la stessa, altrimenti non sarei qui.
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Domani suonerai a Milano. Come costruisci il setlist?
È un viaggio senza compromessi. Partiamo con Durango 95 per stendere il pubblico, poi Teenage Lobotomy, Pinhead e via andare tutte le altre!
Cerco di mixare i classici con pezzi che i fan hardcore adorano, tipo Carbona Not Glue. La sorpresa? Forse Chinese Rock, che ho scritto con Dee Dee [Ramone] e Johnny Thunders.
Qual è il brano che ti emoziona di più?
Sheena Is a Punk Rocker. Quando la suoniamo, vedo la stessa follia del CBGB nel ’77. Poi I Wanna Be Sedated: è diventata un inno mondiale, ma per noi era solo una canzone su quanto odiavamo i tour! (ride)
Vedi band contemporanee capaci di ereditare il vostro primato?
No, e non è un insulto o presunzione. Noi venivamo dal Queens, un posto durissimo. Eravamo disadattati, ossessionati dalla musica. Oggi manca quel caos vitale. I Ramones non erano solo power chord: erano quattro psicopatici che credevano in quello che facevano.
Parliamo della tua altra passione: la pittura.
Ho iniziato per sopravvivere al COVID! Ero alle Hawaii su un isola chiamata Malachi sulla quale vivevano solo 7000 persone. Ero bloccato e soprattutto senza batteria. Un giorno ho preso degli acrilici e ho dipinto un alieno che suona la chitarra. Ora ho una mostra a Brooklyn e lo scorso anno ho esposto anche in Italia ! Lo stile? Punk expressionism: veloce, grezzo, come i nostri concerti.
E l’Italia?
Ho comprato una casa in Toscana. Adoro la quiete tra un tour e l’altro, anche se il cibo è un pericolo!(scherza) Conosco Edoardo Benato, un poeta. E Ringo della Virgin Radio che canta in bagno: è più punk di molti!
Ultima domanda: cos’è il punk oggi per te?
Libertà. I Ramones hanno distrutto le regole senza chiedere permesso. Il mio consiglio? Ascoltate Rocket to Russia, bevete una birra, e fatevi venire un’idea folle. Tutto il resto è noia.
Grazie Marky. Sei una leggenda.
Grazie a voi e… Gabba Gabba Hey!
INFO & BIGLIETTI
9 luglio | MILANO @ Circolo Magnolia
WEB & SOCIAL
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