Intervista – GENERIC ANIMAL: Il cattivo mascherato da buono e il buono mascherato da cattivo

Intervista – GENERIC ANIMAL: Il cattivo mascherato da buono e il buono mascherato da cattivo

“Benevolent” è il nuovo disco di Generic Animal, in uscita il 18 marzo, L’album arriva due anni dopo “Presto”.

“Benevolent” naviga tra 10 tracce in cui ondeggia tra i pieni e i vuoti della vita umana. Affronta le ansie, si tuffa tra amore e paure, fronteggia le rosicate. 
Trova la sua dimensione in una terra di mezzo tra età adulta e infanzia, sogni e incubi. Ci mostra un teatrino fatto di mostri buoni, maschere, deserto e paludi. 

È rock e post-rock, si muove nell’underground e conquista leggerezza nel pop. Ha una forma chitarrosa ma non riffosa. Canzoni che suonano – semplicemente – alla Generic. Ci puoi ritrovare i Blur e Say Anything, sentire gli echi dei Vampire Weekend o Samuele Bersani, ci puoi fischiettare Paul Simon. Ci riconosci – soprattutto – Luca Galizia.

L’album è stato scritto e composto tra il 2019 e il 2020, ha affrontato la prima e più difficile quarantena. Un periodo in cui l’autore si è chiuso in sé e ha fatto quello che abbiamo fatto tutti: riflettere. Non ci ha capito molto, ma ha messo in moto un processo. Generic Animal lavora sui traumi infantili irrisolti di Luca Galizia, li manipola e cerca di farci pace, sublimandoli. 

Le collaborazioni sono perlopiù con amici (Alvin Mojetta, Manuele Povolo, ClausCalmo, Jacopo Lietti).
Il disco – come il precedente – è prodotto nuovamente dal fedele socio artistico Carlo Porrini, alias Fight Pausa, che nel disco suona le batterie, firmate anche da Giacomo Ferrari.

INTERVISTA 

Sono uno young boomer e faccio fatica con i mezzi tecnologici. Poi devo anche riprendere a parlare con le persone. 

IL TITOLO 

È il nome più oscuro ma al tempo stesso più buono che poteva venirmi in mente. L’avevo letto su un libro giapponese.

Il titolo rappresenta la buona disposizione d’animo. Un atteggiamento positivo verso l’invidia e l’arroganza; gli inciampi e le sfighe del destino, più in generale. Ma un po’ di benevolenza è riservato anche ai nostri peggiori difetti, un’amichevole pacca sulla spalla alla malvagità del nostro io. Tutto il progetto nasce dalla necessità di protezione, dai demoni della vita e ovviamente dai nostri. 

Il cattivo mascherato da buono e il buono mascherato da cattivo. 

LA COPERTINA 

Il mostro è schiaffato in copertina, come nelle migliori tradizioni.
Nella narrazione fotografica dell’album cammina sperduto. Sembra stia scappando, ma poi si mette timidamente in posa di fronte alla macchina fotografica. È buono, ma fa pensieri cattivi. Sembra un rettile, anzi un anfibio; attenzione, assomiglia a una scimmia.
Da lontano fa paura, da vicino è rassicurante: è un pupazzo, un amico verde. È solo una maschera, di quelle per bambini. Un buon travestimento per difendersi.

I MIEI MOSTRI 

Di base i miei mostri da addomesticare sono sia le cose buone sia quelle cattive. Un esempio è il mio non sapere gestire l’euforia: tipo esce il mio disco ma c’è la guerra o sentirsi a tratti una riserva, uno di serie C.
Macro e micro-sensazioni che nel mio cervello sono un po’ mostri. 

IL SUONO 

È il primo disco nel quale sono riuscito a fare una ricerca profonda su quello che volevo suonare. Sono partito dai demo e dalle “brutte” abbastanza complete, che poi ho cercato di metterle in “bella”. Un album ispirato ai dischi che avrei voluto fare a quindici anni. Un disco di ispirazione fine anni Novanta. Dischi che ho sempre portato dentro di me. 

Rispetto a “Presto” c’è una maggiore attenzione e ricerca sul suono, alla parte ritmica dei beat. 

Per scrivere le demo ho usato inizialmente solo suoni di una vecchia pedaliera multi effetto zoom di quando avevo 12 anni e beat di batteria isolate di canzoni pop. È la prima volta in cui effettivamente tutto quello che faccio in una demo viene riportato in “Bella” da Fight pausa, in un secondo momento.

Ci lavorano due amici, Meme Gerace – già mio fonico live – e Andrea Maglia. Non avevamo mai registrato in uno studio che non fosse casalingo o incastrato in un palazzo di Milano e alla fine ci siamo appassionati al verde, al lago e alla stufa a legna; quindi, abbiamo deciso di finire il lavoro lì. Abbiamo fatto urlare un po’ di chitarre, registrato delle batterie dentro ad un bagno.

IL TOUR 

Inizia ad aprile e penso andrà avanti fino a quando non smetterò di respirare. Sono veramente gasato e pronto. 

LE COLLABORAZIONI 

Mi piacerebbe fare feat. non tanto con artista pop di punta italiano del periodo ma qualcuno di internazionale che voglio io. Fino adesso non ci sono riuscito ma continuerò a provarci. 

Ascolto molto più musica internazionale che italiana. Ma non mi sento esterofilo. Quando escono dischi bomba anche italiani ci vado sotto senza pregiudizi. 
Mi piacerebbe produrre un disco che sia un disco pari di un artista internazionale. Ho sempre un occhio verso quello che succede fuori. E’ quasi una questione di ricerca personale. 

TRACCIA PER TRACCIA 

Benevolent si presenta con Piccolo: una voce, un synth, due chitarre, un basso, una batteria. Ispirato a Paul Simon, è stato scritto pensando ai peggiori giorni di terapia. Un brano pop rock come quelli di una volta, con una piccola crisi d’identità. Prima traccia del disco non a caso, apre e ben delinea la strada dei successivi pezzi.

Si fischietta ancora in Incubo, tra contratti che non ti fanno dormire e sogni che ti fanno firmare i contratti.

La paura di volare (o forse di scappare) è il tema di Lifevest.

Mentre di bugie si parla in Clermont, con Jacopo Lietti.

In Aspetta si cambia sound e si vira verso il catastrofismo (musicale), con le voci di Alvin Mojetta e Manuele Popi Povolo.

Bastone ritrova un ritmo più solare. Racconta la vita in città, la difficoltà di gestire un hype crescente e l’ansia da prestazione. Ci vorrebbe un bastone, ogni tanto. La forza di tirare fuori quello che si pensa, un sano mordente. L’aspirazione massima di chi è abituato a tenersi tutto dentro.

Riverchild è l’essenza del disco: ecco il mostro buono che abita ogni canzone. È il bimbo del fiume, è un pezzo strumentale. È costruito su un giro di basso pizzicato e ossessivo; ricorda una marcia imperiale, suonata da bambini arrabbiati, o magari dal mostro della laguna.

Con So arriva l’invidia e la malsana competizione. 

Paura di sono e saranno le ultime parole famose di GA.

In Recinto c’è ClausCalmo. La sua voce calma quella di Luca, quella di Luca spinge la sua.

LA TRACKLIST

LATO A
1. Piccolo
2. Incubo
3. Lifevest
4. Clermont
5. Aspetta

LATO B
6. Bastone
7. Riverchild
8. So
9. Paura di
10. Recinto

WEB & SOCIAL:

Facebook – https://it-it.facebook.com/genericanimal
Instagram – https://www.instagram.com/generic_animal

 

Related Posts