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Recensione: BRAD MEHLDAU “Ride into the Sun”

BRAD-MEHLDAU-Ride-into-the-Sun-album-2025.

Smith–Mehldau, andata e ritorno. L’originale di Elliott Smith: la voce incrinata, i fraseggi disillusi, le armonie fragili. L’elaborazione di Brad Mehldau, che non si limita a vestire i brani di un nuovo arrangiamento, ma li interroga, li apre, li mette in risonanza con il proprio universo.

“Ride Into the Sun” non è un tributo in senso stretto, né un semplice album di cover: è un lavoro di riscrittura poetica, una camera d’eco che restituisce Smith attraverso un filtro orchestrale, denso e crepuscolare, ma mai sopraffattorio.

Il pianista americano si avvicina con un’empatia misurata, quasi confessionale. Il risultato è un attraversamento stilistico: tra minimalismo e lirismo sinfonico, tra intimità e dimensione cinematografica. La conversazione resta la cifra dominante: Mehldau non si sovrappone, accompagna. Le orchestrazioni, pur sontuose, evitano la ridondanza e mantengono viva la malinconia originaria.

La selezione attinge ai nuclei più rappresentativi della discografia smithiana – da Either/Or a XO, da Figure 8 al disco omonimo – delineando un percorso affettivo che amplifica i chiaroscuri di un autore sempre sfuggente. Brani come Everything Means Nothing to Me mostrano con chiarezza l’operazione: la dolcezza lacerata dell’originale diventa materia orchestrale, sospesa tra cinema e sogno. Il crescendo ruvido di Smith si trasforma in un tessuto di archi e fiati dal respiro elegiaco: un passaggio che non tradisce, ma rilegge.

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Accanto ai dieci brani di Smith, trovano spazio quattro composizioni originali, “ispirate e speculari”, che non si presentano come esercizi di stile, ma come naturale prosecuzione del dialogo. Due deviazioni – Thirteen dei Big Star e Sunday di Nick Drake – rafforzano la genealogia evocata: un filo fragile e sotterraneo tra spiriti affini, capaci di abitare lo stesso paesaggio emotivo.

Mehldau non mitizza Smith, non lo canonizza. Lo ascolta, lo attraversa, lo rilancia. E in questo atto di rilettura intima ma consapevole, risiede la forza – e il limite – del disco: la capacità di restituire Elliott Smith a una dimensione nuova, senza dissolverne il fantasma.

DA ASCOLTARE SUBITO

Better Be Quiet Now – Somebody Cares, Somebody Understands – Southern Belle (feat. Daniel Rossen)

DA SKIPPARE SUBITO

Per stare fuori dal mondo per un’oretta. Terapeutico! 

SCORE  7,75

TRACKLIST

 

LA DISCOGRAFIA 

Introducing Brad Mehldau (1995)
The Art of the Trio (1996)
The Art of the Trio II — Live At The Village Vanguard (1997)
The Art of the Trio III — Songs (1998)
Elegiac Cycle (1999)
The Art of the Trio IV — Back At The Vanguard (1999)
Places (2000)
The Art of the Trio V — Progression (2001)
Largo (2002)
Anything Goes (2004)
Live in Tokyo — Solo Piano (2004)
Day is Done (Trio) (2005)
House on Hill (Trio) (2006)
Live (Trio) 2008
Highway rider doppio cd (quintetto con orchestra diretta da Dan Coleman) (2010)
Live in Marciac doppio cd dal vivo + DVD (piano-solo) (2011)
Where do you start (2012)
Ode (2012)
10 Years Solo Live (2015)
Blues and Ballads (2016)
After Bach (2018)
Seymour reads Constitution (2018)
Finding Gabriel (2019)
Jacob’s Ladder (2022)
Your mother should know – Brad Mehldau plays The Beatles (2023)
Ride Into The Sun Ride Into The Sun (2025)

VIDEO 

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