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Recensione: BLOOD ORANGE – “Essex Honey”

Blood-Orange-ESSEX-HONEY-album-2025

David Joseph Michael Hynes, Devonté per anagrafe, Dev per chi lo ha seguito da sempre, già Lightspeed Champion e oggi ancora Blood Orange: qualunque sia l’alias, resta un autore che si muove oltre le categorie.

Essex Honey ne è la conferma, un lavoro che disarticola i generi e li ricompone in forme irregolari, mai rassicuranti. Una esperienza esplorativa che attraversa contrapposizioni di generi e  ritmi: si passa dalla pista da ballo, all’indie pop, dal funk languido ai retro gusti jazz. Il tutto fatto con estrema naturalezza e semplicità compositiva

Il disco si apre con Look at You, eterea, sospesa, sconnessa e Thinking Clean, brano in cui il pianoforte centrale diventa sempre più astratto su una base quasi breakbeat, prima che tutto ceda il passo a un violoncello graffiante che prende forma e scena nella melodia sonora

Il violoncello di Cæcilie Trier appare regolarmente, di solito alla fine dei brani suonando cose che non suonano tanto interstiziali quanto piuttosto dirompenti. Ci sono momenti in cui i suoni emergono all’improvviso e poi svaniscono altrettanto rapidamente, stranamente scollegati da tutto ciò che li circonda: un’esplosione di tastiere prima che Somewhere in Between inizi, una linea di pianoforte tra Mind Loaded e Vivid Light che suona come se fosse caduta dal breakdown di un vecchio pezzo rave hardcore. L’alternanza strutturale di The Last England, gli echi indie che mi ricordano Badly Drawn Boy dei momenti migliori in The Train (King’s Cross).

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L’atmosfera che domina è una malinconia britannica da fine estate, intrisa di luce obliqua e nebbia sottile. Sintetizzatori morbidi, chitarre nitide, voci che cercano armonie ma trasmettono tristezza. Sullo sfondo, la perdita della madre di Hynes che permea i testi: Campaign evoca Londra e le sue propaggini pastorali, Westerberg intreccia memoria e citazione attraverso i Replacements. Non mancano altre interpolazioni colte – Yo La Tengo, Ben Watt – che ampliano la mappa emotiva in una trama di riferimenti condivisi.

Gli ospiti – Caroline Polachek, il frontman dei Turnstile Brendan Yates, il cantautore sudanese-canadese Mustafa, l’autore art-pop guatemalteco Mabe Fratti– non sottraggono mai la scena, si dissolvono nel disegno complessivo. Anche le apparizioni più sorprendenti, Lorde che echeggia Elliott Smith in Mind Loaded o Zadie Smith che recita in Vivid Light, restano fenditure discrete, vertigini improvvise più che effetti speciali.

Essex Honey è un album che non cerca il consenso ma coltiva l’inquietudine. Dove altri si limitano a incollare generi, Blood Orange costruisce una cartografia emotiva fatta di fratture e deviazioni, trasformando la frammentazione in sostanza estetica. Un lavoro che resta addosso, con lucidità e ferocia quieta.

Un talento irriducibile, sempre un passo oltre.

SCORE: Voto 9,00

DA ASCOLTARE SUBITO

Thinking Clean – Mind Loaded – Vivid Light 

DA SKIPPARE SUBITO 

Nulla. E’ fantastico ascoltare questo disco dall’inizio alla fine. 

TRACKLIST

DISCOGRAFIA 

2011 – Coastal Grooves
2013 – Cupid Deluxe
2016 – Freetown Sound
2018 – Negro Swan
2025 – Essex Honey

IL VIDEO 

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