Milano, Volvo Studio. Una di quelle serate in cui l’atmosfera è carica di aspettativa e il pubblico si raccoglie attorno a un’esperienza più che a un semplice live.
Sul palco c’è Coca Puma, moniker di Costanza Puma, artista romana che si muove in un orizzonte sonoro fluido estremamente fresca e contemporanea.
Per un’ora, il pubblico viene immerso in una narrazione sonora densa e stratificata. Costanza, rigorosamente con il cappellino calato sugli occhi come un marchio di fabbrica, costruisce paesaggi musicali che mescolano l’influenza geometrica dei Kraftwerk con pulsazioni drum’n’bass, echi di hyper pop e atmosfere industrial.
Il tutto attraversato da richiami al nu-jazz e da una sensibilità che oscilla tra gli anni ’80 e una contemporaneità dai tratti urbani.
A tenere insieme questo mosaico sonoro è la sua voce: eterea, sinuosa, capace di trasformarsi in un sussurro magnetico o in un filo teso tra eleganza e sperimentazione. Coca Puma non si limita a eseguire, ma traduce stati d’animo in vibrazioni, intercettando il respiro della città e trasfigurandolo in una cosmogonia musicale personale e affascinante.
Quando il set si chiude, resta l’impressione di aver attraversato un universo parallelo fatto di suoni e immagini, un’esperienza che si sedimenta e continua a risuonare anche oltre le mura della venue.