ARENA SUZUKI ’60 ’70 ’80 e…’90: Protagonista, il pubblico!
Siamo stati all’ultima serata del programma di Amadeus all’Arena di Verona: le nostre impressioni.
Un grande rito collettivo catartico di energia pura e divertimento, tanta musica e tanto ritmo: questa è “ARENA SUZUKI ’60 ’70 ’80 e…’90”, il programma di Amadeus che si è concluderà questa sera su Rai1 dal 17 dopo tre serate.
Noi eravamo presenti all’ultima puntata in un’Arena di Verona colma di oltre 10.000 persone di ogni età, dai ragazzini alle persone più âgées, tutte in piedi a ballare e cantare hit immortali che hanno segnato quattro decenni interpretate dagli artisti originali.
Ed è stato emozionante vedere l’intero anfiteatro scaligero illuminato dalle torce dei cellulari sulle note romantiche di “Come mai” di Max Pezzali (che dopo anni si è ritrovato sul palco con Mauro Repetto, riformando il simbolo degli anni ’90, gli 883), la doverosa standing ovation a Patty Pravo (che l’ha portata molto vicina alla commozione), tutta l’arena in piedi a ballare “Born to Be Alive” di Patrick Hernandez o “The Rhythm of the Night” di Corona (dove Olga Maria de Souza, la frontwoman del progetto ma non la voce originale del brano – che era invece Jenny B – ha dimostrato di saper cantare anche lei improvvisando anche “I Will Always Love You” di Whitney Houston) o a sgolarsi su Nel sole” di Al Bano, risentire l’inconfondibile graffio di Bonnie Tyler su “Total Eclipse of the Heart” e “It’s a Heartache”…
E poca importa se Limahl (“The NeverEnding Story”) ha lasciato la voce nel 1984 o se la “Macarena” è la versione “tarocca” dei Los Locos: lo spettacolo è sempre garantito comunque dal pubblico, il vero protagonista di questo evento, un upgrade potenziato (di molto) de “I migliori anni”, che ha dalla sua una cornice unica, l’Arena di Verona, colma di 30.000 anime che vi si sono avvicendate in 3 giorni per ascoltare 46 artisti tra italiani e internazionali, un cast di tutto rispetto che nulla ha da invidiare agli storici Festivalbar.
Uno spettacolo dal ritmo continuo, con poche parole e tanta musica, dove emerge chiara la formazione da deejay del padrone di casa (evidente quando affianca alla console Massimo Alberti): Amadeus, fresco 60enne con lo spirito e l’energia di un ragazzino, mai come in questa occasione dimostra il suo desiderio di donare gioia e appagamento al pubblico, al suo pubblico (pop, nell’accezione migliore del termine); un’empatia ricambiata, come testimonia in primis il successo dei suoi 3 Sanremo, non solo dal punto di vista degli ascolti ma della risposta dei fruitori della musica, traghettando definitivamente il Festival nel nuovo millennio e riavvicinando i giovani e giovanissime alla storica kermesse musicale. E sono i numeri a dirlo, non le opinioni: su 91 canzoni in gara 29 sono entrate nella Top Ten FIMI, registrando record negli streaming (il 2022 registra un +148% rispetto al 2020), 80 certificazioni tra dischi d’Oro (19) e di Platino (61), oltre 6 milioni di copie complessive.
Tornando ad “ARENA SUZUKI ’60 ’70 ’80 e…’90”, fra i momenti TOP di questi 3 appuntamenti: la diva della disco music Gloria Gaynor con l’immortale inno “I Will Survive”; la voce di “Moonlight Shadow” di Mike Oldfield, Maggie Reilly; il doveroso tributo a Gianluca Grignani e alle tre perle del pop-rock italico come “Falco a metà”, “Destinazione Paradiso” e “La mia storia tra le dita”; l’irresistibile ironia (e autoironia) di Ornella Vanoni, sempre più scalpitante di un programma tutto suo; il frontman dei Frankie Goes To Hollywood, Holly Johnson con le mega-hits “Relax” e “The Power of Love” (uno dei momenti più romantici in assoluto); il coro da stadio per “Anima mia” dei Cugini di Campagna; l’invidiabile ed esplosiva energia classe 1945 di Rita Pavone e l’ugola ancora intatta di Amii Stewart; la malinconica beat music dei Dik Dik, da quasi 2 anni orfani di Erminio ‘pepe’ Salvaderi; l’ancora poco nota potenza vocale di Luna Dragonieri dei Matia Bazar.
E abbiamo (ri)ascoltato e (ri)visto ancora con grande piacere anche Paul Young, Orchestral Manoeuvres in the Dark, Ricchi e Poveri, La Bouche (anche se la vocalist originale, Melanie Thornton, morì in un incidente aereo nel 2001 in Svizzera), Richard Sanderson, Neri per Caso, Umberto Balsamo, Leee John (Imagination), Aqua, The Trammps, Haddaway, Santa Esmeralda (Leroy Gomez), Gianluca Grignani, Eiffel 65, Katrina (and the Waves), Fabio Concato, The Rockets, Double You, Raf…
Un’operazione amarcord di qualità, per un viaggio indietro nel tempo in decenni senza trap e streaming, forse più ingenui ma più energici ed emozionali; grazie ad Arena Suzuki per averceli ricordati (per chi li ha vissuti). Specie in tempi come questi.